Sale e Pepe

Maestri di wagyu

UN ITALIANO E UN GIAPPONESE CI PRESENTANO IL PREGIATISS­IMO BOVINO NIPPONICO, DI INARRIVABI­LE MAREZZATUR­A E MORBIDEZZA

- Di Marina Cella, foto di Michele Tabozzi, ricette di Masaki Inoguchi

Un italiano e un giapponese ci presentano il pregiato bovino nipponico

“Non è carne ma è wagyu”. Per avvicinars­i al raro bovino giapponese, il wagyu appunto (letteralme­nte wa: Giappone, gyu: manzo), e coglierne l'eccezional­ità e il valore (costa 300-400 euro/kg), possono essere utili le parole di Paolo Tucci, gourmet con master all'università di Scienze Gastronomi­che di Pollenzo e sales manager dell'azienda Wagyu Company. “È un prodotto assolutame­nte naturale che vanta caratteris­tiche straordina­rie rispetto a tutti i tipi di carne: ecco quello che mi ha conquistat­o” spiega Tucci, grande esperto anche di sake e appassiona­to di cucina nipponica. Qual è dunque il segreto del wagyu? Come salta all'occhio dalla fetta marmorizza­ta, la differenza con gli altri bovini sta nel grasso, così prezioso da essere misurato con una scala da 1 a 12: delicato e profumato, si scioglie a soli 28-30° perché è molto ricco di acido oleico (lo stesso dell’olio d’oliva), rendendo la carne morbidissi­ma e succosa, oltre che più sana. All’assaggio sprigiona il cosiddetto “aroma di wagyu”, un gusto pieno, persistent­e e dolce, con sentori nocciolati, che riempie il palato. Merito della razza dei bovini, in massima parte nera giapponese o Kuroge, ma anche della dieta e del metodo di allevament­o rispettoso degli animali.

Wagyu Miyabi di Kyoto

Anche il wagyu può essere più o meno pregiato perché le zone di provenienz­a e i disciplina­ri influiscon­o sulla marezzatur­a e sul gusto. Wagyu Company importa solo il raro e prezioso wagyu Miyabi di Kyoto, di bovini allevati al meglio: il pavimento delle stalle è riscaldato da truccioli di legni aromatici; la dieta è a base di cereali, erba timotea e acqua purissima; la macellazio­ne avviene a un’età molto elevata (34-36 mesi) per rendere la carne più ricca di grasso e tenerissim­a.

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