Lunga vita a Dumas!
UN BRINDISI A TUTTI NOI E AL GRANDE SCRITTORE, CHE A SORPRESA ALLIETA LE NOSTRE TAVOLE, NON CON UN RACCONTO, MA CON UNA DELLE SUE IMPAGABILI RICETTE
Un brindisi a noi e al famoso scrittore che ci allieta con un'impagabile ricetta
I tre moschettieri, Vent’anni dopo e il Visconte di Bragelonne, sono stati tra i miei libri preferiti di ragazzina. L’avventura, gli affascinanti spadaccini e gli intrighi di corte facevano sì che io divorassi le pagine. Ad aiutare il mio coinvolgimento giunse anche una mini serie televisiva, verso la fine degli anni ’60, dedicata al mio moschettiere prediletto: quel guascone di D’artagnan. Fu così che scoprii Alexandre Dumas (padre).
Mai più avrei pensato di ritrovarmi a parlare di lui e soprattutto come gastronomo: ricordo ancora lo stupore che provai diversi anni fa nel trovare su una bancarella un’edizione italiana del Grand dictionnaire de cuisine, che recava come autore Alexandre Dumas. Proprio quel Dumas? Non c’erano dubbi, proprio lui. Quel libro oggi ha un posto in redazione nella libreria alle mie spalle e lo guardo con affetto. Un volume corposo che racchiude la sapienza culinaria dello scrittore francese sotto forma di testi e ricette (alcune di queste poco praticabili) in ordine alfabetico. È stata anche la sua ultima fatica letteraria, pubblicata postuma nel 1873, a completare un totale di oltre 270 testi tra romanzi, racconti e pieces teatrali. Dumas ha vissuto sempre intensamente, è stato grande narratore, grande mangiatore e anche grande viaggiatore. Lo dimostrano i suoi racconti di viaggio e soprattutto una trilogia di libri pubblicata nel 1843 (Le Capitain Arena, Le Speronare e Le Corricolo): un reportage dedicato al Regno di Napoli, con un itinerario che parte da Palermo e tocca in particolar modo le isole Eolie, dove l’incontro con il cibo ha avuto la sua importanza. A Lipari mangia in un monastero: i monaci osservano il giorno di magro, ma a lui servono un pezzo di manzo bollito e delle “tortore arrosto di una specie che avevo visto numerosa sull’isola”, ma soprattutto incontra la Malvasia “in assoluto il vino più mirabile che avessi mai bevuto in vita mia”. Arrivato a Vulcano, a casa del generale Nunziante: “la tavola era imbandita con una superba aragosta che faceva voglia al solo vederla, non seppi dunque trattenermi dal chiedergli in quale tratto dell’arcipelago si trovasse il pregiato crostaceo. Intorno a Panarea mi rispose. Annotai sul mio taccuino quell’informazione preziosa.” Così preziosa che qualche giorno dopo si concretizza in una pesca miracolosa: “il capitano aveva eseguito alla lettera il mio ordine, aveva fatto una tale scorta di astici e aragoste che non si sapeva dove posare i piedi tanto il ponte ne era invaso… diedi ordine di mettere in pentola i sei esemplari più grossi”. Un’esagerazione da guascone che a Dumas calzava a pennello, per saziare un indomito appetito. Da moschettiere.