Sale e Pepe

Mostarda

MANTOVANA, CREMONESE, VICENTINA: UNA TRILOGIA DI PRELIBATEZ­ZE PER I MENU DI FESTA. E NON SOLO

- a cura di Cistiana Cassé, testi di Riccardo Lagorio, ricette di Giovanna Ruo Berchera, in cucina Livia Sala, foto di Laura Spinelli

Mantovana, cremonese, vicentina: una trilogia di prelibarez­ze per menu speciali e non solo

Per parlare di mostarda bisogna partire dalla senape, dai cui semi si ricava l'olio essenziale protagonis­ta della preparazio­ne. L’uomo raccoglie questa pianta da 5.000 anni e a lungo fu utilizzata a scopo conservant­e, insaporent­e e curativo. Apicio, a cavallo dell’anno Zero, spiegava: “Per conservare le cotenne di maiale o di bue e gli zampetti cotti, immergili fino a coprirli nella senape fatta con aceto, sale e miele e quando vorrai li potrai usare: rimarrai meraviglia­to”.

Oggi la senape è utilizzata soprattutt­o in cucina e partecipa a uno degli emblemi della gastronomi­a italiana, la mostarda. Stabilire un’origine precisa della mostarda è arbitrario. Anche perché, in alcune aree d’italia, con lo stesso termine si indica una preparazio­ne a base di mosto d’uva, spezie e frutta che non sempre prevede l'uso di senape. Certo è che nel 1571 il medico Leonardo Fioravanti, nel Quinto Libro del Compendio de’ secreti rationali, descrive un preparato molto simile a quello odierno. Egli racconta di un solo frutto, la mela cotogna, che subisce successive bolliture in melassa di zucchero e addizionat­o infine di semi di senape sminuzzati.

La mostarda monofrutto è vanto della tradizione mantovana. Testimone Alessandra Nodari dell’agriturism­o Loghino Vittoria: “Partiamo sempre dalla frutta fresca, soprattutt­o mele cotogne o mele campanine”. Poi, come nella tradizione rurale di questa parte di pianura padana, la frutta viene tagliata a pezzi e messa in infusione con zucchero per almeno una notte. “Come se fosse una macedonia” sorride Mario Beduschi, dell’agriturism­o Senga. “Il liquido rilasciato dalla frutta viene fatto bollire tre volte e, quando la concentraz­ione raggiunge lo stadio ottimale, viene aggiunta la frutta stessa, insieme a del limone. Il tempo di cottura varia secondo il tipo di frutta e alla fine si aggiunge il concentrat­o di senape". La mostarda si consuma tutto l’anno, benché il picco delle vendite sia tra novembre e gennaio, ed è l'irrinuncia­bile ingredient­e del ripieno dei tortelli mantovani alla zucca. “In occasione delle festività natalizie è l’accompagna­mento adatto ai bolliti e ai formaggi dal gusto forte e a Mantova, durante la cena della Vigilia di Natale, scorta l’anguilla marinata”, spiega Giovanni Bacchi, dell’omonimo emporio.

C’è poi la versione cremonese. Il primo documento che la descrive è di Lancelot de Casteau, cuoco dei vescovi-principi di Liegi. Nell’ouverture de cuisine del 1604, la ricetta 66 ricorda di utilizzare mela cotogna, pere e buccia d’arancia candite, che verranno lavorate con sciroppo di zucchero, semi di senape e acqua di rose. Una tesi affascinan­te vuole che l’utilizzo di varia frutta, anche d’origine mediterran­ea, si debba ai carichi in arrivo al porto di Cremona. La canditura o, in tempi più remoti, l’uso di mosto cotto, garantiva di trasferire la merce ancora riconoscib­ile in termini di colore, forma e gusto. A questo intento venne in soccorso sciogliere la senape nell’aceto, nel brodo o nel vino. Tra i pochi esercizi a produrre mostarda artigianal­e, Alice Contini, nella gastronomi­a di famiglia, mette la frutta sotto zucchero per almeno 24 ore e fa bollire il liquido rilasciato. “Questo procedimen­to richiede tre giorni, più un quarto di riposo, prima di aggiungere la senape (biologica)". Anche all’hosteria 700, la produzione è casalinga e come spiega Marina Morelli : “la mostarda cremonese è apprezzata tutto l’anno, soprattutt­o a fine pasto con uno spicchio di Provolone Valpadana Dop. In inverno si abbina perfettame­nte al bollito e al cotechino”.

L’ultima tappa è Vicenza, dove protagonis­te sono le mele cotogne cotte in acqua, vino e zucchero, passate al setaccio e poi profumate con la senape. Una goduriosa mostarda spalmabile, che vanta origini seicentesc­he, o forse anche anteriori, se fosse confermata la tesi che la vede nascere in Francia e solo dopo diffonders­i in Veneto attraverso la Pianuna Padana. “Di senape se ne usa sempre meno rispetto alla ricetta originale” spiega il gastronomo Marco Dal Ponte, "perché oggi si preferisce un gusto meno penetrante. Tuttavia la mostarda vicentina rimane il fine pasto preferito insieme al mascarpone sui baicoli, i sobri biscotti veneziani”.

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