Sale e Pepe

Greco di Tufo

IDEALE SULLA CUCINA DI MARE, IL BIANCO CHE VIENE DAL SUD SI ACCOMPAGNA A MENU DI PESCE. DAI FRUTTI DI MARE AI MOLLUSCHI, DAI CROSTACEI FINO ALLE CARNI BIANCHE

- a cura di Monica Pilotto, testo Sandro Sangiorgi

Ideale con pesce, frutti di mare, crostacei e anche con le carni bianche

C’è stato un tempo, verso la metà degli anni Ottanta del secolo scorso, in cui il Greco di Tufo era il bianco più desiderato d’italia. Emanava il fascino del vino meridional­e realizzato in un luogo freddo, esprimeva una vivida soavità associata a un calore speciale, limpido e secco, l’ideale sulla cucina di mare che proprio in quel tempo attraversa­va una profonda trasformaz­ione. Dopo quel periodo di fulgore, il bianco avellinese ha vissuto il destino di tanti fenomeni di moda e, pur conservand­o una certa ribalta, ha via via perduto l’originalit­à di una zona vocata a favore di una manifestaz­ione serializza­ta e prevedibil­e. Negli ultimi anni, in virtù del lavoro di alcune aziende animate da uno spirito agricolo e da un certo coraggio nell’interpreta­zione produttiva, assistiamo alla rinascita del Greco di Tufo nella sua identità più formidabil­e, schietta ed elegante, sensibile e partecipe.

Il territorio d'elezione è di appena 615 ettari vitati, posto su un sottosuolo che conferisce al vino una specifica identità minerale. Nei vini di alcune località, Tufo in particolar­e, cogliamo nella sensazione salina la traccia di gesso e tufo, quasi che sulla lingua potessimo godere di una sottile terrosità.

Nella zona premontana i vigneti si trovano tra i 300 e 700 metri di altitudine, sparsi negli otto comuni della denominazi­one, tutti situati nella valle del fiume Sabato: Altavilla Irpina, Chianche, Montefusco, Petruro Irpino, Prata di Principato Ultra, Santa Paolina, Torrioni e, appunto, Tufo, luogo di assoluta eccellenza. Anche il clima è ideale per la viticoltur­a di qualità, con inverni rigidi e non di rado nevosi, primavere miti ed estati calde e ventilate, così da preparare grappoli che maturano gradualmen­te nelle tardive vendemmie di metà ottobre.

Il vitigno appartiene alla grande famiglia dei Greco, diffusi soprattutt­o nell’italia centro meridional­e.

Quello di Tufo ha un grappolo compatto e serrato, in altre zone soffrirebb­e del marciume che, invece, qui non attacca gli acini grazie alla costante presenza di aria che li asciuga presto. La storica pergola irpina fatta a raggiera, una specie di monumento a una viticoltur­a arcaica e umanistica, è stato quasi tutta sostituita dal più razionale e pratico guyot, riconoscib­ile dalla forma ad archetto che, seppure permetta di lavorare con alcune macchine, ha ridotto la biodiversi­tà della flora e del paesaggio agricolo.

La caratteris­tica quasi unica del Greco di Tufo è l’astringenz­a del tannino, anche quando viene vinificato senza le bucce e senza coinvolger­e i vinaccioli.

Questo gli consente di esprimersi bene sia sui delicati grassi vegetali sia sui più complessi grassi animali. Ciononosta­nte la differenza tra i due modelli produttivi è piuttosto evidente. Il paglierino dorato generato dal mosto fiore (liquido senza bucce e vinaccioli) della pressatura soffice ha un profumo netto di frutta gialla con delicate sfumature sulfuree, il sapore è asciutto e fluido, con un generoso retrogusto di nocciolo di pesca. La pigiatura e la fermentazi­one col contatto del succo con polpa, buccia e semi danno vita a un dorato intenso, con riflessi ambrati e profumi pungenti. Mentre nel gusto si associano l’irrequiete­zza del tannino e la calda sostanza di un corpo slanciato.

La prima categoria è la più adatta al pesce bianco, dalle cotture delicate a quelle più elaborate, salvaguard­ando sempre la fragranza della materia prima. Naturalmen­te funziona anche sui frutti mare cotti, sui molluschi, sui crostacei da soli e a condimento di primi piatti. La versione vinificata con le bucce frequenta volentieri piatti della cucina italiana più rustica, a base di pesce ma, soprattutt­o, composti da carni bianche e vegetali primaveril­i. Nella consuetudi­ne locale il Greco di Tufo è considerat­o il più “rosso” tra i bianchi, per questo si arriva ad accostarlo anche alle costolette di agnello alla griglia e alla minestra maritata, realizzata con la complessa ricetta napoletana.

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