Polenta e osèi
UN INGANNO PER L’OCCHIO E UNA SORPRESA PER IL PALATO: È LA VERSIONE DOLCE E RAFFINATA DI UNA PIETANZA RURALE
e nella nostra cucina regionale si contano numerosi piatti che imitano visivamente ricche ricette, ma utilizzando ingredienti poveri, può accadere anche il contrario. È il caso di uno dei dolci più tipici e raffinati di Bergamo, vero omaggio storico culturale a quello che invece era il piatto contadino per eccellenza, la polenta. In un passato non molto lontano, è stata l’alimento base, se non l’unico, delle genti bergamasche, gustata (spesso) tal quale, anche abbrustolita, oppure condita: taragna (con formaggi come Branzi o Taleggio), o con osèi (uccelletti come tordi e allodole arrostiti).
L’idea geniale di interpretare in versione dolce una ricetta radicata nella tradizione locale (citata anche da Stendhal “le signore vanno pazze per gli uzei con la polenta...”), saltò in mente ad Alessio Amadeo agli inizi del Novecento. Nella sua Pasticceria Milanese, aperta a Bergamo con la moglie
Giuseppina, si ispirò a quello che al tempo era “il piatto della domenica” dei bergamaschi. La forma e il colore del dolce ricalcano quelli della classica cupola di polenta rovesciata sul tagliere che, soda e fumante, troneggiava in mezzo alla tavola. Ma l’arte pasticciera di Amadeo non si è limitata a questo: lo zucchero sulla copertura è un “trucco” per replicare la consistenza granulosa della polenta, così come gli uccellini di marzapane al cacao sembrano quelli che, nella ricetta salata, vengono cotti allo spiedo e messi “in superba maestà a seder sulla polenta come turchi sul sofà”, come scriveva il poeta ottocentesco Lorenzo Stecchetti. Insomma, il dolce di Amadeo è un esempio di cake design ante litteram. Dopo una fase di declino tra le due Guerre, venne rilanciato dalla storica pasticceria Balzer. Oggi si trova in alcune pasticcerie della Città Alta, realizzato seguendo il disciplinare depositato alla Camera di Commercio.