P rima di tutto, un ripasso su cosa sia la ricotta che, come spesso si dice, non può essere chiamata formaggio: perché non la si ottiene dal latte, bensì dal siero che avanza dalla caseificazione. Questo prodotto “di scarto” viene riscaldato in modo da far coagulare le sieroproteine: fiocchi bianchi che vengono sgocciolati e fatti riposare. Ed ecco la ricotta. Magra, morbida, deliziosa ma, proprio a causa della sua “povertà”, con un terribile difetto: deperisce alla velocità della luce diventando acida. E qui sta il trucco.
Di necessità virtù
La ricotta nasce nel 2000 avanti Cristo, pare con la civiltà dei Sumeri. Per secoli, niente frigoriferi, lunghe transumanze, vita in mezzo ai campi sotto il sole e... tanta, ma veramente tanta, ricotta da non sprecare. Per conservarla, eccola quindi finire sotto sale o nel forno, eccola lasciata fermentare a lungo per vedere l’effetto che fa (è nata così quella “forte”). Alle nostre latitudini, seppur lontane dalle terre dei Sumeri, la ricotta “trasformata” ha preso tutto il sapore della fantasia culinaria che ci distingue. Ne vedete il risultato qui accanto.
Come usarle in cucina
Oltre ai golosi suggerimenti che trovate in queste pagine, “le altre ricotte” hanno mille impieghi. La dura (o salata) e quella a palla sono l’ideale per sferzare la dolcezza di sughi rossi e con verdure (vedi la pasta alla Norma o quella con i broccoli), le focacce e persino le insalate. Nella versione al peperoncino, la si grattugia sulla pasta aglio e olio e vien fuori un piatto da ricordare. La marzotica, la più profumata, è ottima con gli ortaggi, nelle torte salate e per un’insolita caprese destrutturata. La ricotta forte, da dosare con cura, è geniale sul pane, negli involtini e nei panzerotti. Poi è da provare la mustìa nei panini o nel risotto, l’affumicata e l’infornata dura con il purè o in una pasta alla scorza di limone. Infine godetevi l’infornata, morbida nelle insalate tiepide oppure, come dessert d’altri tempi, con miele e cacao.