Starbene

la responsabi­lità di essere felici

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È andata così. Suona la sveglia di un mercoledì qualsiasi. Ma non è un mercoledì qualsiasi: è il giorno del mio compleanno. E così balzo giù dal letto raggiante e vado a svegliare le due figlie e l’amichetta che sono accampate in sala, dopo il pigiama party della sera prima. Immagino una tripla dose di baci e coccole. Ma le tre hanno dormito pochissime ore, non sono in grado di pronunciar­e i loro nomi, figurarsi se ricordano che giorno è. La colazione procede tra capricci e rimproveri, poi il solito rush finale: «Sbrigati», «Hai preso questo?», «Ricordati quello», «Mettiti una felpa» e via così. Tutti escono e io resto da sola con davanti un’intera giornata in cui: pochi auguri, perché ho tolto la data di nascita da Facebook e quindi se ne ricordano in pochi; niente regali, perché l’unico (quello di mio marito) è arrivato in ufficio con una settimana d’anticipo; niente cena di compleanno, perché... «Ho un’urgenza, mi spiace, non riesco a tornare in tempo per andare fuori», mi dice alle 19. Insomma, un disastro! Ma per chi? Per chi deve essere speciale la giornata del compleanno se non per se stessi? Perché mi aspetto di vedere intorno facce entusiaste, quando sono io l’unica che deve prendersi la “responsabi­lità” di essere felice. Ecco, questa cosa l’ho capita il giorno dopo, leggendo il pezzo a pagina 79, che consiglio vivamente a tutti. «Il primo step verso il raggiungim­ento dell’equilibrio interiore», dice la coach Giuditta Tanzarella, «consiste nello scegliere gli stati d’animo, le emozioni e i sentimenti che si vogliono provare». Pazienza se il mondo attorno non mi fa sentire importante. Io posso scegliere di sentirmi bene a prescinder­e. Cercherò di ricordarme­ne il prossimo anno.

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