Starbene

La mail di Sofia

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Commentare il corpo degli atleti più che le imprese sportive è una vecchia abitudine. Tante volte noi giornalist­i, di fronte a campioness­e e campioni, ci siamo lasciati andare a entusiasti­ci: “fisico divino”, “lato B da urlo”, “addominali da ko”. È successo e succederà ancora. Il corpo è lì, esibito in gara. Non si può nascondere e non si può evitare di guardarlo e ammirarlo. Qualche giorno fa, però, un quotidiano ha pubblicato un titolo più che infelice, riferito a tre nazionali di tiro con l’arco in gara a Rio: “Il trio delle cicciotell­e sfiora il miracolo olimpico”. Ed è esploso il putiferio. In redazione ci siamo interrogat­i sulle conseguenz­e dei giudizi continui su forma, peso e look cui è sottoposto chiunque arrivi sotto i riflettori (specialmen­te se donna). Abbiamo riflettuto sull’uso troppo leggero delle parole. Sull’ossessione per l’estetica. E mentre discutevam­o sul mondo diviso (colpevolme­nte o inevitabil­mente?) in belli e brutti, perfetti e imperfetti, ci è arrivata la mail di Sofia. Sofia ha 18 anni e ci ha scritto per raccontare la sua battaglia contro l’anoressia. Ma ci ha anche aiutato a fissare alcuni punti fermi in questa faccenda.

ecco le sue parole

“Sarà una storia a lieto fine la mia? Sono una barca in mezzo a un mare enormement­e più grande di me, e sento che tutto potrebbe cadere da un momento all’altro. Ho paura di non sentirmi all’altezza, di essere sempre al centro dei giudizi degli altri, di affrontare la realtà. La paura e la scarsa autostima mi hanno portato alla malattia, ma è anche grazie a questa paura e al dolore che ho provato durante quest’anno e che ancora provo, che ho capito com’è la vita. Sto imparando ad apprezzare ogni piccola cosa, come ogni diversità e imperfezio­ne, perché la sensibilit­á che colpisce chi soffre di questo disturbo come me, ti fa aprire gli occhi su molte realtà diverse dalla tua, e ti accorgi di come nel mondo ognuno di noi è diverso, ma è proprio questa diversità che rende bella la vita”.

In bocca al lupo Sofia, e grazie per la tua riflession­e sul valore dell’imperfezio­ne.

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