CONSULTA GRATIS IL NOSTRO ESPERTO dott. Francesco Iarrera
nutrizionista, responsabile del centro di riabilitazione nutrizionale Aidap di Oliveri (ME) Tel. 02-70300159 30 agosto, ore 14-16
Eppure, se si fa un’attenta selezione e si individuano staff seri, si possono ottenere ottimi risultati: «I dati in nostro possesso indicano che chi si iscrive a un programma online perde più chili, e tende a mantenere più a lungo i risultati raggiunti, rispetto a chi si reca fisicamente dallo specialista. In media, gli utenti virtuali smaltiscono il 15% del peso in 24 settimane, mentre chi frequenta lo studio si ferma al 12%», spiega il dottor Francesco Iarrera, responsabile del Centro di riabilitazione nutrizionale Aidap di Oliveri, in Sicilia, che, oltre a seguire i pazienti in sede, ha attivato il servizio Online con il nutrizionist@. Una conferma in questo senso arriva da un’autorevole ricerca olandese, pubblicata sul Journal of Nutrition, secondo la quale le diete informatiche «favoriscono la comunicazione e il dibattito positivo tra pazienti», quindi aiutano ad attenersi al programma.
si diventa più responsabili
Alla base del successo delle diete a distanza c’è più di una motivazione: «Innanzitutto la logistica. I pazienti rimangono comodamente presso la propria abitazione o sede di lavoro e, all’orario concordato, incontrano virtualmente il terapeuta. Poi, la maggiore “autoefficacia”: le persone vengono responsabilizzate molto più di quanto non accada con i metodi classici », chiarisce Iarrera. E spiega: «Con un programma online, lo specialista offre sostegno, consigli e chiarimenti ma lascia anche grande libertà. Così, i pazienti imparano a gestire con efficacia e in autonomia il problema del peso: in pratica, diventano nutrizionisti di se stessi». Il problema resta la scarsa autorevolezza di molti siti. Ricercatori americani della Johns Hopkins University hanno valutato duecento diete online, mettendole a confronto con le linee guida stabilite da enti come l’American Heart Association e la Obesity Society: è risultato che più dell’ 80% non era supervisionato da medici e specialisti abilitati.