Starbene

IL COMMENTO

- DI GIANNA SCHELOTTO psicologa e psicoterap­euta a Genova Scrivile a:

La lettera di Marta sembra scritta da due persone diverse: la prima è una donna che rifiuta con tutte le sue forze una situazione matrimonia­le; la seconda è una persona che con altrettant­a forza si aggrappa a suo marito. In realtà, almeno a giudicare da ciò che scrive, il vero problema della lettrice sembra essere un’assoluta mancanza di autonomia. Ha sposato il marito senza amore, dopo una serie di delusioni sentimenta­li e lo ha fatto per risparmiar­si eventuali altre sofferenze. Il matrimonio per lei sembra dover essere una specie di ombrello emotivo che la protegga e la metta al riparo dalle intemperie. Per questo, Marta lo concepisce più come un’area affettiva che come un luogo di passione e di desiderio. Ecco perché usa tutti gli alibi possibili per non separarsi: dai figli alla paura della solitudine. Colpisce, per esempio, il fatto che tema la separazion­e perché “in paese non ha parenti o amicizie” cioè per il fatto che non individua altre situazioni che le diano riparo. Il suo vero dramma è che ha sempre bisogno di affidare ad altri – marito, amici, figli – la propria sicurezza senza nemmeno provare a guardarsi dentro e a recuperare forze e potenziali­tà che di certo possiede. È urgente, certo, che Marta si separi: ma dalla parte infantile di sé, che le impedisce di muoversi in modo autonomo nel mondo, alla ricerca della propria realizzazi­one personale. CONSULTA GRATIS IL NOSTRO ESPERTO dott. Gianna Schelotto

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