LE RAGIONI DI CHI LO PRATICA
raggiunge temperature piuttosto elevate), poi i semi di chia e di lino, oltre a quelli di canapa, ricchissimi di proteine, il cacao crudo, ricavato dalla fava non tostata, il lievito vegetale, l’olio d’oliva spremuto a freddo.
L’idea che la cucina senza fornelli, oltre a essere buona, faccia anche bene non è nuova: già negli anni ’20 del Novecento il crudismo era utilizzato come cucina terapeutica in ospedali e sanatori e nel suo libro Regime e riforma alimentare, del 1949, Gandhi sosteneva che “per liberarsi da una malattia, occorre sopprimere l’uso del fuoco nella preparazione del pranzo”. Ma il trionfo del crudismo inizia a Los Angeles a metà anni Novanta, quando lo chef Juliano Brotman inaugura Juliano’s Raw. Da allora, questa filosofia alimentare non ha conosciuto crisi e i suoi seguaci citano le teorie di Edward Howell, pioniere degli studi sugli enzimi alimentari, secondo cui “nasciamo con una grande riserva di enzimi che pian piano vanno perduti per svolgere le funzioni vitali e per digerire i cibi cotti. Se non li rimpiazziamo con gli enzimi dei cibi crudi, le riserve si esauriscono, invecchiamo più velocemente e il corpo fatica a mantenersi in salute”. La pensano allo stesso modo gli iscritti a Nudo & Crudo ( nudocrudo. net), community fondata in Italia dallo chef Vito Cortese, che al crudismo si è avvicinato dopo aver seguito, negli Usa, i corsi di Matthew Kenney, il guru del raw food: l’alimentazione umana nasce cruda e tale deve rimanere, in quanto il calore, nella lavorazione del cibo, rappresenta un’innovazione di scarsa utilità e di dubbia salubrità. «Crudismo vuol dire tornare a uno stile di vita naturale, riacquistare armonia con la terra, disintossicarsi dai cibi industriali, rispettare le proprietà degli alimenti. La cottura danneggia i nutrienti e può perfino farli diventare tossici, come nel caso dei lipidi che, sottoposti a temperature elevate, producono acidi grassi trans», conclude lo chef Riccardo Rossetti.