Non diamo la colpa al web
È successo di nuovo. Una ragazza si è tolta la vita perché è l’unico modo che ha trovato per cancellarsi. Per premere il tasto delete su quei maledetti video hard messi online a sua insaputa e che avevano collezionato milioni di like, ispirato pagine Facebook, montaggi derisori, gif e memi di ogni tipo. Adesso si cercano i colpevoli. Ma il primo a finire sulla gogna è sempre lui: Internet. Questa entità senza nome né volto che avrebbe la colpa di triturare vite dentro i suoi inesorabili meccanismi. Il comodo capro espiatorio dietro cui tutti noi ci puliamo la coscienza. Sono certa che quei milioni di utenti che hanno condiviso un video o commentato una pagina Facebook o indossato una maglietta derisoria di Tiziana Cantone, non si sentono in nessun modo responsabili dell’accaduto. Ciascuno ha buttato il suo sassolino di cattiveria nello stagno: non è colpa sua se lo stagno è sparito, sommerso da migliaia e migliaia di sassolini.
Per sperimentare questo meccanismo non c’è bisogno di girare video hard. Succede prima o poi a tutti coloro che esprimono un’idea che in quel particolare momento va di moda contestare. All’improvviso ci si ritrova catapultati su migliaia di bacheche, con spiacevoli attacchi e giudizi sulla persona. E a farlo non sono gli arrabbiati, gli haters, i polemici di professione. Ma la gente per bene. I professionisti, le persone di cultura. Qualche giorno fa Natalia Aspesi ha raccontato sulle colonne di Repubblica di essere stata ricoperta di insulti e lettere di protesta per aver confessato di non aver mai letto Ugo Foscolo. E chi si arrabbia per questo, non può che avere una straordinaria cultura. Lei ha scritto: «Le persone colte stanno perdendo l’abitudine al dialogo, allo scambio di idee, alla voglia di sapere i perché degli altri e far sapere con pacatezza i propri perché». Internet sarebbe un posto bellissimo se lo usassimo così.