ALZHEIMER UN NUOVO FARMACO LO CURERÀ
Riflettori puntati sulla molecola in via di sperimentazione. Promette di liberare il cervello dalle dannose proteine
La mente in gabbia. Ovvero la difficoltà a compiere le azioni quotidiane: lavarsi, vestirsi, fare la spesa, preparare da mangiare o prendere un treno. E i deficit della memoria che a volte creano dei “vuoti” tali da impedire di firmare un documento o di ritrovare il portone di casa. Sono tutti sintomi del morbo di Alzheimer, la malattia neurodegenerativa che solo in Italia colpisce un milione e mezzo di persone, specie dopo i 70 anni. Un aumento dovuto in gran parte all’invecchiamento generale della popolazione e che forse, in un futuro prossimo venturo, sarà possibile arginare grazie all’avvento di un nuovo e promettente farmaco, ancora in fase di sperimentazione. Di che cosa si tratta e qual è la marcia in più rispetto alle attuali terapie esistenti? «Premetto che a tutt’oggi una vera e propria cura dell’Alzheimer non esiste, perché si tratta di una malattia complessa, multifattoriale, con un’accertata predisposizione familiare e, in casi più rari, un’impronta genetica», esordisce il professor Claudio Mariani,
I risultati dello studio di fase Ib sono stati presentati per la prima volta a marzo 2015 nel corso della Conferenza internazionale sulle malattie di Alzheimer e Parkinson, suscitando grandi speranze. Ma come agisce il farmaco del futuro? «Come tutti gli anticorpi monoclonali a bersaglio molecolare è diretto selettivamente contro la due proteine che, accumulandosi nella zona temporale del cervello, intaccano la memoria. Sono soprattutto l’amiloide e, in misura minore, la tau che formano delle vere e proprie placche amiloidee, pronte a minare la lucidità mentale», spiega il professor Mariani. «Lo studio ha dimostrato che la disgregazione di queste placche è proporzionale alla dose e alla durata di somministrazione del farmaco as-