[STORIE] Per me, giocatore professionista di PALLACANESTRO, la sfida più grande è vincere la sclerosi multipla
Tutto è iniziato nel 2012: avevo 23 anni e una bella carriera sportiva in ascesa quando la malattia ha fatto capolino nella mia vita. Con una caduta durante un allenamento. Il giorno dopo, al risveglio, avevo perso la sensibilità della mano, del braccio e della gamba destra. In ospedale è arrivato il responso: sclerosi multipla, e la paura che i suoi sintomi (affaticamento, intorpidimento degli arti e problemi con coordinazione ed equilibrio) avrebbero stroncato la mia attività agonistica.
NON MI SONO MAI FERMATO
No, non è stato così. La sclerosi multipla non mi ha fermato. Sono arrivato a giocare in NBA, la principale lega professionistica di basket degli Stati Uniti d’America. Oggi faccio parte dell’Auxilium Cus Torino. Quello che non sapevo (e che troppo pochi sanno) è che ora le cure hanno fatto passi da gigante e consentono di condurre una vita non solo normale, ma anche eccezionale come la mia. Sono inserito in un protocollo di cure in un centro specializzato italiano per cui ciclicamente mi vengono iniettati dei farmaci, quindi devo osservare 24 ore di riposo. Dopo di che, sono il playmaker che tutti conoscono e apprezzano.
SCONFIGGERE I PREGIUDIZI È DIFFICILE
Le difficoltà ci sono state, non lo nascondo. Soprattutto, ho fatto fatica a vincere i pregiudizi: quando si è sparsa la voce della mia malattia, le squadre che mi avevano proposto degli ingaggi li hanno ritirati, convinte che sarei stato una palla al piede. Ma io mi sono presentato a un camp dove si selezionavano i giocatori e ho giocato: gli allenatori hanno riconosciuto il mio talento e i Dallas Mavericks mi hanno portato in NBA. Così sono diventato l’unico giocatore con la sclerosi ad avere giocato (e segnato!) in NBA. Ma ho raggiunto anche altri traguardi: quello di cui vado più fiero è Chris junior, ha 3 anni ed è nato dall’amore con la mia compagna Erin.
Chris Wright, 27 anni