Mi preoccupo, ma non posso dirgli nulla. Farei come lui
Roberta Castelli, 44 anni «Un giorno mio figlio Daniele, che ha 4 anni, mi ha chiesto: “Mamma, papà viene a prendermi con l’elicottero?”. Di sicuro gli mancava molto. Angelo, il mio compagno, sta via anche 3 settimane consecutive. È un operatore di
e si occupa della logistica, cioè prepara le strutture per permettere ai medici di lavorare. Dal 2002 si è specializzato in grandi emergenze: è stato nelle Filippine per il terremoto e ad Haiti per l’epidemia di colera. A un certo punto arriva la chiamata e lui deve partire immediatamente. Da quando è nato Daniele ha un po’ rallentato, ma per lui sarebbe impossibile fare qualcos’altro. Lo posso capire: anche io lavoro per un’associazione umanitaria. Quando è lontano, a preoccuparmi non sono tanto i possibili rischi, quanto il carattere di Angelo. Lui è l’ultimo degli idealisti e quando è in missione non si risparmia. è un’organizzazione con procedure e regole ferree di sicurezza, ma Angelo non si ferma mai, è sempre disposto ad andare oltre pur di dare una mano. E questo mi fa preoccupare, almeno fino a quando non vedo comparire il suo volto su Skype».
>il commento dell’esperta
«Vivere accanto a un uomo che svolge un lavoro pericoloso è destabilizzante», conferma la psicoterapeuta Rita Manzo. «Tutto appare precario: le sicurezze, il futuro, l’unità familiare. Alcune donne riescono ad abituarsi a queste sensazioni, altre sviluppano sintomi di vero e proprio stress: insonnia, inquietudine, tachicardia, incapacità di concentrarsi. Non sottovalutiamo questi segnali, e cerchiamo un modo di scaricare la tensione, per esempio facendo jogging, meditando, scrivendo un diario», consiglia la dottoressa. «Fondamentale, inoltre, conoscere il lavoro del proprio compagno, le attrezzature, le misure di sicurezza, in modo da non farsi prendere da inutili allarmismi».