Ma perché crediamo alle leggende metropolitane?
In autunno, le storie fantasy di clown-horror hanno fatto il giro del mondo. E, come dicono gli esperti, gettano ancora ombre nelle nostre vite
Partita ad agosto dagli Stati Uniti, la leggenda metropolitana più dilagante degli ultimi mesi racconta di creepy clown, pagliacci spaventosi avvistati mentre cercano di rapire i bambini o si aggirano armati. È l’ultima di una serie di favole che passano di bocca in bocca, dopo il mito dei coccodrilli nelle fogne di New York o l’autostoppista fantasma, tanto per citare le più famose. Starbene ha parlato di queste psicosi collettive con Lorenzo Montali, professore di psicologia sociale all’università di Milano Bicocca e vice presidente del Cicap (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze, queryonline.it).
Da dove nascono? «Le storie fantastiche dilagano su scala mondiale perché, in un certo senso, confermano che le nostre idee, i nostri timori o desideri sono corretti. Credibili, insomma. Sento dire che sotto la gonna di una zingara è stata trovata una bambina rubata alla madre? Ci credo: è un facile antidoto per esorcizzare sia la paura di chi è diverso da noi sia quella di perdere un figlio. In più, certi rumor resistono per la ragione che diventano automatismi mentali: mi viene in mente la raccolta dei tappi di plastica per finanziare l’acquisto di una carrozzina per un disabile. È una bufala che gira da anni. Ma a furia di sentirla, noi stessi ci siamo abituati a raccogliere i tappi, creando nel tempo una filiera di riciclo a scopi benefici».
Quali sono gli effetti? «Le leggende hanno un grosso limite: rafforzano le nostre insicurezze e anche una visione distorta della realtà, per cui possono limitare la libertà di scelta e azione. Nel caso dei clown, per esempio, si è creata un’innaturale diffidenza contro uno dei simboli universali del divertimento, che potrebbe fare disertare i circhi da parte dei bambini. Oppure pensiamo a quei genitori che non fanno vaccinare i figli perché credono alla falsa voce “vaccino uguale ad autismo”».
Come comportarci? «Convincersi di certe dicerie, in un certo senso, è comodo: si delega agli altri e alla società il compito di pensare e scegliere per noi. Perciò, invece di farci prendere dall’ansia – ingiustificata – partiamo da questi fantomatici miti per riappropriarci di un po’ di sana diffidenza, senso critico e intraprendenza (“verifico di persona”), caratteristiche che aiutano a ritagliarsi un ruolo attivo nella vita». Neutralizzando leggende metropolitane (e pregiudizi).