Conta l’influenza degli adulti
Ma il problema più diffuso nella nostra società è un altro, meno serio, più sfumato ma imperante: oggi, la gran parte dei minorenni non si barricano in casa come gli Hikikomori, però passano i pomeriggi chiusi in camera. Non sono giovani, viene da dire, quando si ricorda quella gran voglia di stare fuori tipica degli anni della scuola. «Stando agli ultimi dati statistici, i ragazzi di 14 anni (soprattutto femmine) abbandonano le attività sportive, che obbligano a uscire e a socializzare», interpreta Maurizio Tucci, presidente di “Laboratorio adolescenza”, associazione per lo studio e la ricerca sugli adolescenti. «Il 44% delle ragazzine in terza media non fa sport, con la scusa che non ha tempo (lo dice il 50% del campione)». Dietro alla scelta casalinga non ci sono né troppi compiti né il disinteresse per gli altri. «Certo, sono aumentate lo ore che i quindicenni dicono di dedicare allo studio, ma perché mentre sono sui libri si distraggono con lo smartphone!», riprende l’esperto. «Sbrigare gli impegni scolastici in quattro e quattr’otto per correre in palestra, all’oratorio o al parco non è più un abitudine giovanile. Perché uscire quando posso parlare (e vedere e giocare) con tutti gli amici che voglio, stando a casa? Vince la pigrizia, esattamente come sta succendo a noi adulti che ci spostiamo sempre meno. E i ragazzi, si sa, sono il nostro specchio. A essere sinceri, sono gli stessi genitori che, almeno all’inizio, sono contenti di vedere i figli sempre in casa. Solo dopo si preoccupano».
», commenta la sociologa francese Maïa Fansten. Sembra paradossale, ma oggi le possibilità di espressione sociale delle proprie peculiarità sono limitate. Fino a qualche anno fa, un ragazzo che si sentiva fuori posto e non in sintonia con il suo ambiente andava a cercare la soluzione fuori casa. Ora, invece, la cerca nella sua cameretta». Che per gli under20 assomiglia a un nido: li protegge dalla fatica di crescere, li aiuta a prendere le misure dal mondo. Come spiega Luca Mazzucchelli, psicologo psicoterapeuta, vice presidente dell’Ordine degli psicologi della Lombardia. «Durante l’adolescenza, è normale ritagliarsi degli spazi personali per cadere in una specie di “letargo”, che in realtà è un modo per sperimentare situazioni – prima fra tutte la solitudine – limiti e provocazioni. L’esigenza di avere un’agenda piena di impegni è dei genitori, non dei figli, i quali hanno bisogno di avere i loro spazi e i loro tempi». E poi, non è detto che stare con uno smartphone in mano equivalga a poltrire: « Per i nativi digitali il web è anche una palestra di esperienze, dal momento che esplorano “l’altro”. Qui, le relazioni sono più protette, perciò facilitate. Per esempio, fra i giochi online spopolano quelli multiplayer di ruolo, nei quali i partecipanti acquisiscono un’identità (elfo, guerriero...), costruiscono il proprio personaggio e s’alleano con altri giocatori. Vissuta così, la rete è propedeutica alla sperimentazione nel reale di nuove (e sociali) competenze».