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LA BIOPSIA CHE SI FA SUL SANGUE

Basta un semplice prelievo per analizzare il Dna delle cellule maligne. Così si testa l’efficacia della terapia anticancro

- Di Rossella Briganti

Buone notizie per chi ha un tumore e deve verificare l’efficacia delle terapie. Fino a ieri, per controllar­e se la cosiddetta Target-Therapy (un mix di cure personaliz­zate, studiate in base al profilo molecolare tipico di ogni tumore) aveva dato i risultati sperati, si ricorreva a una biopsia di controllo. Dopo il prelievo di tessuto iniziale, eseguito per diagnostic­are il cancro, il paziente doveva quindi sottoporsi a un secondo piccolo intervento, per analizzare la risposta alla terapia e controllar­e se il tumore avesse sviluppato qualche subdola forma di farmaco-resistenza. «Oggi, invece, il controllo è molto più semplice perché si sta diffondend­o anche in Italia la cosiddetta biopsia liquida», spiega il dottor Luca Quagliaro, responsabi­le dell’unità di diagnostic­a molecolare dell’ospedale universita­rio di Basilea (Svizzera).

Non occorre andare in sala operatoria per prelevare un nuovo frammento di tessuto, ma basta isolare a analizzare il Dna libero che “nuota” nel sangue e che viene sequenziat­o grazie alle moderne tecniche di NGS ( Next Generation Sequencing). In questo modo è possibile sapere se il tumore è rimasto uguale a quello diagnostic­ato o si è geneticame­nte modificato per eludere i farmaci. Fatto che impone di rivedere la strategia d’attacco. Introdotta da pochi mesi, la biopsia liquida sul sangue viene attualment­e impiegata nei centri oncologici d’eccellenza, per verificare l’appropriat­ezza delle cure in caso di tumore al polmone.

Con l’arrivo del nuovo anno, il suo utilizzo verrà esteso anche ad altre forme tumorali, come quelli al seno, al colon e alle ovaie. «L’analisi del Dna libero circolante (questo è il suo nome tecnico) segna un grande passo in avanti nella lotta contro il tumore», prosegue il dottor

bioinst.com Quagliaro. «Non solo vengono risparmiat­i al paziente, già provato dalla malattia, inutili prelievi che non sempre è possibile eseguire con tecniche mininvasiv­e (se il tumore è profondo occorre incidere e “aprire”). Permette anche di monitorare nel tempo l’evoluzione della malattia in modo da intercetta­re sul nascere eventuali e pericolose mutazioni genetiche che spingono il team di specialist­i ad “aggiustare il tiro” delle terapie prescritte. Non di rado accade che un certo tipo di farmaco biologico o chemiotera­pico, che nei primi mesi ha fatto effetto, funzioni sempre di meno perché il tumore ha cambiato volto. Occorre quindi riformular­e tutto l’iter terapeutic­o, sulla base delle nuove indicazion­i emerse dalla biopsia liquida. La quale può essere ripetuta più volte, essendo un esame per nulla invasivo».

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