Lettere al posto delle cifre
ecco uno spunto di riflessione sull’autostima e di aggiustamento della traiettoria di studio». Un’insufficienza, però, può sempre capitare. Come comportarti in questo caso? «Il messaggio che deve passare è: “Il votaccio l’ha presa il compito, non tu. Io non ti stimo di meno, cerco invece di aiutarti perché tu possa capire come superare questo momento di difficoltà”. Se il ragazzo è deluso perché un compagno è stato “più bravo”, aiutalo ad accettare il suo limite. Insomma, sdrammatizza. Certo, tu per prima devi avere un atteggiamento equilibrato, il che significa non vivere i suoi voti come smacco nei tuoi confronti, né come strumento di competizione». La prossima riforma è una bella notizia? Sì, secondo Dario Varin, già professore di Psicologia dello sviluppo, ora docente di Ecologia dello sviluppo all’Università di Milano Bicocca: «Nella nostra cultura, i numeri rappresentano giudizi statici e classificatori, più o meno premianti o punitivi. Credo che, da un punto di vista psicologico, le lettere abbiano un impatto minore rispetto alle cifre perché si prestano meglio a esprimere un processo, tant’è che è impossibile utilizzarle per calcolare la media numerica. Pensare “Prima ho preso 4 poi 7, ma la media fa solo 5 e mezzo” è ben diverso da dire “Sono partito da una E e sono arrivato a una B”. È probabile che i bambini reagiranno bene al nuovo sistema, anche perché ce l’hanno già nell’orecchio grazie ai programmi televisivi americani e inglesi, e quindi affronteranno le valutazioni con meno tensione. Evidentemente il significato di A, B, C... andrà spiegato ai genitori, e si spera che i maestri verranno preparati a farlo. In ogni caso, prendere atto di un voto (in cifre o lettere che sia) non basta: bisogna parlare con gli insegnanti per capire cosa c’è dietro».