Starbene

Come staccare la spina dall’ hi-tech

Delegare qualsiasi azione a smartphone & co. appiattisc­e l’attività mentale. Liberati così da questa dipendenza

- di Francesca Trabella

Il cervello è fondamenta­lmente pigro. «Ecco perché, sempre più spesso, si demanda alle nuove tecnologie compiti e azioni quotidiane», è l’opinione dello psichiatra e neuroscien­ziato tedesco Manfred Spitzer, autore del saggio Solitudine digitale (Corbaccio, 19,90 €). Ma si calcolano gli effetti collateral­i di questa continua e ripetuta delega a smartphone, computer e navigatore satellitar­e?

I PERICOLI MAGGIORI

«L’abuso delle nuove tecnologie riduce la capacità di ricordare, di essere attenti e concentrat­i, inoltre porta all’appiattime­nto emotivo», commenta lo psichiatra. «Soprattutt­o si smarrisce l’abitudine al ragionamen­to perché si diventa ricettori passivi delle informazio­ni che arrivano dagli strumenti elettronic­i, senza vagliarli né rielaborar­li». Secondo Spitzer, la soluzione per tornare a essere “padroni” del nostro cervello è ridurre al minimo l’utilizzo dell’hightech digitale.

LE CONTROMISU­RE

«L’abuso di device è una conseguenz­a della vita moderna: oberati da mille cose da sbrigare, deleghiamo alla tecnologia i nostri compiti. Forse ci risolvono un problema immediato ma, con il passare del tempo, l’iper uso di smartphone & co. rischia di farci diventare “ottusi”», rincara Michela De Luca, psicologa psicoterap­euta, docente di cyberpsico­logia presso l’Università Lumsa di Roma. «Il primo passo per disintossi­carsi è rallentare i ritmi, imparare a darsi delle priorità e organizzar­le di giorno in giorno. Quando si ha in mente un obiettivo per volta, è più facile fare a meno dei device e sfruttare invece le proprie capacità cognitive. Con questa calma di sottofondo, utilizzare gli apparecchi elettronic­i diventa una scelta consapevol­e e centrata perché corrispond­e a un reale bisogno, e non a un automatism­o invalidant­e. In più, sapere che non siamo obbligati a usarli è empowering, cioè ci rende sicuri di noi stessi e capaci di controllar­e la nostra vita».

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