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Parkinson: è in arrivo il test sulla saliva

Lo sta studiando un’équipe italiana. Misura l’accumulo di una proteina, l’alfa-sinucleina, responsabi­le dei danni ai neuroni cerebrali

- di Valentino Maimone

C’è un’arma in più contro il Parkinson, malattia che, in Italia, colpisce 250 mila persone e che provoca la degenerazi­one progressiv­a delle cellule cerebrali con tremore e difficoltà motorie. A breve, partendo da un test della saliva, semplice e poco invasivo, si potrà ottenere una diagnosi precoce. La scoperta si deve ai ricercator­i coordinati da Alfredo Berardelli, professore di neurologia dell’università La Sapienza di Roma e presidente della fondazione Limpe per il Parkinson onlus.

OGGI LA DIAGNOSI SI BASA SUI SINTOMI

Attualment­e, durante la visita neurologic­a, il medico valuta segnali come tremore, rigidità e lentezza dei movimenti. Esami strumental­i per immagini come la tomoscinti­grafia cerebrale (Spect) o la tomografia a emissione di positroni (Pet) possono confermare la diagnosi. «Nel 10-20% dei casi, la malattia è causata da un’alterazion­e genetica. Per questi pazienti può essere utile un test specifico sul sangue», sottolinea l’esperto. Nel prossimo futuro, però, arriverà un nuovo metodo di analisi, che prende origine dallo studio dell’alfa-sinucleina.

UN ESAME SEMPLICE, PRATICO E NON INVASIVO

«Si tratta di una proteina che favorisce il rilascio della dopamina, un neurotrasm­ettitore fondamenta­le per il controllo dei movimenti. In chi è malato di Parkinson questa proteina tende ad accumulars­i creando agglomerat­i molto dannosi per i neuroni cerebrali», precisa Berardelli. Condizione che, al momento, si individua con una tecnica invasiva: il prelievo del liquor, il liquido cerebro spinale contenuto nella colonna vertebrale, attraverso una puntura lombare. «Abbiamo però scoperto che può essere misurata attraverso la saliva, con tre vantaggi: una diagnosi precoce, la possibilit­à di monitorare più facilmente la progressio­ne della malattia e la disponibil­ità di un test semplice e pratico per il paziente. Basta infatti raccoglier­la in un piccolo contenitor­e e poi misurare la quantità di alfa-sinucleina presente», spiega Berardelli.

È IN FASE DI SPERIMENTA­ZIONE

Questo test avrà bisogno di ulteriori conferme, con studi su una scala più ampia: «Ma una volta che potremo disporne, si potrà valutare meglio anche l’effetto di nuove terapie», conclude Berardelli.

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PROFESSOR ALFREDO BERARDELLI neurologo all’Università La Sapienza di Roma scrivigli a: starbene@ mondadori.it Cgielsronp­aneotsrist­ustorl toa

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