UNA CURA CONTRO IL PESSIMISMO
Vi è mai capitato di restare impigliati in una conversazione con un pessimista cronico? Di trovarvi nella necessità di ribattere ad argomentazioni di una negatività irrazionale eppure solidamente ancorata? A me sì. E ho sempre perso. La ragione non può nulla contro chi vede nel futuro la costante minaccia di una catastrofe. All’origine di questa distorsione mentale, raccontano gli esperti, c’è il rapporto con il passato: scelte non fatte, rabbia per gli insuccessi, mitizzazione delle gioie. Un carico emotivo che viene portato in una conversazione, in un rapporto di lavoro, in una riunione di condominio, ma del quale l’interlocutore di turno è solitamente ignaro.
Che fare, dunque? Come tiri fuori qualcuno da un passato che non conosci per proiettarlo in un futuro in cui dovete “convivere”, possibilmente senza quel pesante fardello?
Ne parliamo nel nostro dossier a pagina 82, dedicato a come far pace con il tempo. Confesso che l’autrice Francesca Trabella mi ha illuminato: «La spinta interiore che può proiettare positivamente nel domani è il desiderio», scrive. E cioè la speranza di raggiungere, nonostante tutto, un obiettivo fortemente voluto.
In effetti, ora che ci penso, ciò che manca ai pessimisti cronici di mia conoscenza, è una vera passione, un desiderio violento, un sogno. Una meta talmente ambita da permettere di superare le visioni catastrofiche pur di concepirla raggiungibile. Tutto ciò, in qualche modo, mi dà speranza. Perché insinuare il desiderio è molto più facile che smontare razionalmente le paure. Puoi usare ogni genere di suggestione: libri, film, aneddoti… O la tua stessa esperienza di ottimista cronico. Che non può permettersi di ipotizzare catastrofi (o di farsi contagiare dai pessimisti), semplicemente perché ha troppi sogni da realizzare.