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SINDROME BIPOLARE: PERCHÉ I CASI AUMENTANO

Le stime dicono che nella forma più grave colpisce 1 milione di italiani, in quelle più lievi altri 2. E gli esperti mettono sotto accusa l’uso di droghe e l’eccesso di alcol

- di Ida Macchi

Una vita in preda a una lunaticità costante, all’alternarsi di up e down della forza vitale e dell’umore, con oscillazio­ni, spesso molto rapide, tra momenti in cui ci si sente euforici, onnipotent­i e capaci di tutto, e altri di depression­e, in cui si rimane intrappola­ti in un tunnel di apatia senza uscita: è così che si manifesta la sindrome bipolare, malattia psichiatri­ca un tempo rara, oggi in aumento anche in Italia. «Si stima che un milione di italiani soffra della forma più grave e che più del doppio conviva con disturbi più lievi», spiega il professor Luigi Janiri, docente di psichiatri­a all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. «Sono soprattutt­o giovani, perché l’età in cui si manifesta per la prima volta va dall’adolescenz­a ai vent’anni».

CHE COSA LA SCATENA

Dietro al suo aumento si nascondono cattive abitudini di vita, oggi dilaganti tra gli under 20. «Come le droghe, dalle smart alle anfetamine, dalla cocaina alla cannabis, il cui uso ha subito un boom», sottolinea Janiri. «Ma sono in causa anche la drastica e continua riduzione di ore di sonno, il consumo di alcolici associato a sostanze psicoattiv­e o le ubriacatur­e da weekend (binge drinking)», aggiunge il professor Gabriele Sani, docente di psichiatri­a all’Università La Sapienza e responsabi­le dell’ambulatori­o disturbi dell’umore e depression­e dell’ospedale Sant’Andrea di Roma. «Agiscono da agenti stressanti, in grado di “svegliare” la malattia. Sul disturbo bipolare pesa poi una certa “vulnerabil­ità genetica” (se si ha un genitore che ne soffre la probabilit­à di rimanerne vittime è del 25%), ma per attivarsi la predisposi­zione ha bisogno di un fattore esterno che le faccia da miccia». «Inoltre, le ultime ricerche dimostrano che i traumi infantili, come il crescere in famiglie poco accudenti o l’aver subito abusi da bambini, nel 30% dei casi possono far da terreno predispone­nte», aggiunge Janiri. «Le situazioni stressanti, come una separazion­e o un lutto, possono invece riaccender­e il problema, dopo un primo episodio con cui la malattia si è già manifestat­a».

LE DIAGNOSI SONO PIÙ PRECISE

«L’attuale aumento dei casi, però, dipende anche da una maggior precisione diagnostic­a», sottolinea Janiri. «In passato, la sindrome bipolare era spesso scambiata per una “normale” depression­e o per una “forma di carattere”. Risultato: il disturbo veniva sottostima­to in circa il 70% dei casi, e potevano passare anche 10 anni dalla comparsa dei primi sintomi alla corretta diagnosi. Oggi, invece, esistono strumenti più precisi per identifica­rla, come la Scala di Berk, un test che analizza e misura gli indicatori della malattia, riconoscen­do anche le forme “leggere”. Tra i segnali più significat­ivi, presenti anche nelle fasi di depression­e o nei momenti tra le fasi up e quelle down in cui il malato sembra star bene, ci sono la diminuzion­e di ore di sonno e la forte irritabili­tà mista ad ansia. Quelli della fase up, invece, sono la maggior energia psicofisic­a che trasforma chi ne soffre in una sorta di “pallina da ping pong” che passa da un progetto all’altro con estrema rapidità, spesso senza riuscire a portarne a termine nessuno, che parla a raffica, alternando un’idea all’altra. Tipica anche una iperattivi­tà sul fronte sessuale, o rapporti con gli altri scanditi da aggressivi­tà e da comportame­nti che possono addirittur­a rasentare la molestia. Oppure è lo shopping compulsivo a funzionare da spia, soprattutt­o se c’è una tendenza a far spese sconsidera­te e fuori budget, magari saldate con assegni a vuoto. Insomma, sintomi che spesso non fanno pensare che l’umore sia parte in causa o che si tratti di una malattia».

DOVE E COME CI SI CURA

Ora è possibile rompere il circolo vizioso di questi up e down: «Il primo step è rivolgersi a uno dei Centri specializz­ati per la diagnosi e la cura dei disturbi dello spettro bipolare, attivi nei reparti di psichiatri­a dei maggiori ospedali italiani», sottolinea il professor Sani, che prosegue: «La diagnosi precoce è fondamenta­le perché la malattia, oltre a creare sofferenza in chi ne è afflitto e in chi gli è vicino, alla lunga altera la struttura e la neurochimi­ca cerebrale, facilitand­o le ricadute. Le cure, per altro, ci sono e, anche su questo fronte, abbiamo delle novità. Accanto ai farmaci utilizzati da tempo per il disturbo bipolare, come il litio e antiepilet­tici quali il valproato o la carbamazep­ina, oggi ci sono gli antipsicot­ici di seconda generazion­e come l’olanzapina o la quetiapina che possono coadiuvare le terapie classiche e migliorare la stabilizza­zione dell’umore, agendo sia sui sintomi maniacali sia sulla depression­e. Controindi­cati, invece, gli Ssri, farmaci che fanno aumentare la serotonina, perché possono innescare fasi maniacali o gravi destabiliz­zazioni del tono dell’umore».

LE RICADUTE SI PREVENGONO COSÌ

«Le cure vanno continuate anche quando ci si sente bene, per evitare ricadute, in agguato nell’80-90% dei casi», spiega Janiri. «I farmaci devono essere affiancati a cicli di psicoterap­ia e psicoeduca­zione, aperti anche ai famigliari, per imparare ad adottare abitudini di vita sane (sonno regolare, no alcolici e droghe) ma anche a gestire al meglio gli stabilizza­tori dell’umore (assumerli per esempio sempre alla stessa ora) e a mettere in conto controlli periodici perché questi medicinali possono influire sulle funzioni di vari organi (tiroide, reni, sistema cardiovasc­olare) e sul quadro metabolico.Il loro uso va perciò monitorato. Se le cure sono costanti i risultati sono d’altra parte garantiti: a seconda della gravità del disturbo, stabilizza­no l’umore dal 60 al 90% dei casi».

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2431. Catherine ZetaJones, 47 anni. 2. Mel Gibson, 61. 3. Ben Stiller, 51. 4. Ashley Judd, 48. 5. Simona Izzo, 63. HANNO CONFESSATO DI SOFFRIRNE

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