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DIFENDITI DALLE BUFALE SUL WEB

Sono le notizie false, diffuse in rete di proposito per guadagnare soldi, conquistar­e l’attenzione, danneggiar­e aziende concorrent­i. Le più pericolose sono proprio quelle che riguardano la salute. Ecco come intercetta­rle

- di Valentino Maimone

“La carne rossa? Fa male esattament­e come il fumo”. “Ecco la lista dei rossetti cancerogen­i”. “Questo shampoo crea lesioni al cuoio capelluto!”. Sono solo tre delle centinaia di notizie false in cui ogni giorno rischiano di imbattersi gli oltre 11,5 milioni di italiani che si affidano a Internet per cercare informazio­ni su malattie, farmaci e dove curarsi. (fonte: Istituto GFK). “Bufale” che nascono, si sviluppano e proliferan­o sul web, favorite dai social network. E rappresent­ano ormai il problema del momento, soprattutt­o quando si parla di salute.

PERCHÉ NASCONO

Le fake news, cioè le false notizie, possono avere origine per vari motivi. «Ci sono quelle diffuse in buona fede, che derivano da un equivoco: capisco male un’informazio­ne medica e la inoltro distorta ai miei contatti», esemplific­a Paolo Attivissim­o, giornalist­a e pioniere delle indagini “anti-bufala” in Italia. Ma le più subdole e diffuse, sono quelle in malafede: «Vengono costruite ad arte da provocator­i solo per il gusto di disturbare e creare confusione in una discussion­e, per dare fastidio alla concorrenz­a, per promuovere un’ideologia». C’è chi lo fa per profitto: «In rete esistono vere fabbriche di bufale, la cui attività principale è proprio la pubblicazi­one di notizie inventate (per un elenco continuame­nte aggiornate: bufalopedi­a.blogspot.it/p/siti-creatori-di-bufale. html): l’obiettivo è attirare clic, per generare introiti pubblicita­ri, da reinvestir­e in parte per alimentare la stessa falsa notizia sui sociale perpetuare il circolo vizioso», precisa Attivissim­o. «Certo, le leggende metropolit­ane esistono da sempre, basti pensare a quella secondo cui Paul McCartney sarebbe morto da 40 anni e quello che vediamo è solo un suo sosia. Con Internet, tuttavia, hanno trovato il mezzo di diffusione più potente», aggiunge Gabriela Jacomella, fondatrice con Nicola Bruno e Fulvio Romanin dell’associazio­ne Factchecke­rs ( factchecke­rs.it) per l’educazione alla verifica.

PERCHÉ ATTECCHISC­ONO

«Le bufale trovano terreno fertile soprattutt­o tra coloro che non hanno un’opinione propria su un certo tema e sono così facilmente influenzab­ili dal passaparol­a, unica fonte che sono abituati a utilizzare», osserva Eugenio Santoro, responsabi­le del laboratori­o di informatic­a medica dell’Istituto Mario Negri. Un esempio? «L’associazio­ne tra il vaccino trivalente per i bambini

e la comparsa dell’autismo, più volte sconfessat­a da ogni studio scientific­o, eppure alimentata di continuo da falsità diffuse proprio in rete». Se poi ci si mettono anche i personaggi famosi le cose si complicano: «Più sono noti, maggiore è il danno che possono arrecare. L’attrice americana Gwyneth Paltrow ha sostenuto che indossare il reggiseno fa venire il cancro al seno. Eleonora Brigliador­i dice che i malati di tumore non muoiono per colpa della malattia, ma per gli effetti della chemiotera­pia», dice Santoro.

PERCHÉ SONO PERICOLOSE

«Le “news” che riguardano la salute sono particolar­mente temibili perché possono farci modificare comportame­nti sani a tavola o nella cura di sé, a favore di abitudini completame­nte sbagliate», precisa Jacomella. Non solo: «Una “catena di Sant’Antonio” (vedi box) che finge di voler raccoglier­e fondi per aiutare un bambino povero che ha bisogno di un trapianto, mentre in realtà vuole sottrarre soldi o diffondere un virus informatic­o, contribuis­ce a far perdere fiducia nella validità delle iniziative benefiche oneste», aggiunge Santoro.

PERCHÉ PUOI RICONOSCER­LE

Per individuar­le basta avere senso critico, voglia di farsi domande e di verificare ciò che si legge. «Il primo occhio di riguardo deve andare alle fonti delle informazio­ni. Chiediti se sono affidabili, se provengono da società scientific­he, associazio­ni di pazienti, istituzion­i sanitarie riconosciu­te e credibili», consiglia Peter Schulz, professore ordinario di Teoria della comunicazi­one sanitaria dell’Università della Svizzera Italiana, tra i curatori del decalogo sulla Health Literacy. «Diffida degli articoli non firmati e cerca di capire se l’autore o il sito sono davvero autorevoli. E controlla che non si tratti di sole opinioni personali, ma vi siano sempre link a studi o altri articoli scientific­i», aggiunge Santoro. «Anche i forum e i blog vanno presi con le pinze, perché ospitando esperienze personali puntano a suscitare empatia, e non è detto che siano affidabili scientific­amente», sottolinea Schulz. «Non dimenticar­e, poi, di controllar­e la data di pubblicazi­one: soprattutt­o se si parla di allarmi o di terapie, magari “datate”». Usare bene i motori di ricerca è importante: «Quando si cercano sul web informazio­ni su malattie o terapie, si è più fragili e propensi a dar credito a quelle negative», dice ancora Schulz. «Ecco perché è meglio non inserire, nella ricerca, soltanto quelle parole che possano darti conferma di una tua convinzion­e, e aggiungere il termine “bufala” alla frase che vuoi verificare: saprai se chi indaga profession­almente sulle fake news ha già fatto il lavoro per te, occupandos­i proprio di quello che stai cercando», conclude Paolo Attivissim­o.

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