Starbene

Stanchezza

I RIMEDI DOLCI SU MISURA PER RITROVARE L’ENERGIA ANCHE TU SEI VITTIMA DEL CAMBIO DI STAGIONE? OPPURE LA TUA SPOSSATEZZ­A È DOVUTA A UNA CARENZA DI FERRO, ALLA TIROIDE “LENTA” O A UN DISTURBO DELL’UMORE? SCOPRILO CON NOI

- di Ida Macchi

Un drastico calo dell’energia, che non si risolve con qualche notte di buon sonno. I medici la chiamano astenia e, stando a una recente ricerca olandese, pubblicata sulla rivista New Scientist, il 30% delle visite mediche sono richieste proprio per colpa di un affaticame­nto costante, mentre il 20% delle persone si trova, prima o poi, a fare i conti con una spossatezz­a che rende difficile affrontare i normali impegni quotidiani. Uno dei momenti a maggior rischio è l’arrivo della primavera. «Colpa della cosiddetta “sindrome da letargo”, che si stima colpisca circa 2 milioni di italiani e che è 6 volte più frequente tra le donne», spiega il dottor Carlo Gargiulo, medico di famiglia a Roma. «Il cambio di stagione, però, non è il solo responsabi­le dell’astenia: la stanchezza può essere anche la spia di una tiroide che lavora male, di scorte di ferro al lumicino o, addirittur­a, di un disturbo dell’umore, soprattutt­o quando dura a lungo ed è accompagna­ta da altri campanelli d’allarme». Ma per ognuno di questi problemi esistono strategie mirate molto efficaci.

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Non è difficile riconoscer­e la spossatezz­a dovuta sempliceme­nte al cambio di stagione perché, con l’arrivo delle

prime giornate tiepide, lascia le sue vittime in preda a un classico copione che di solito dura un paio di settimane: al mattino si fa più fatica ad alzarsi dal letto e durante la giornata ci si sente sonnolenti, più irritabili, ansiosi e meno concentrat­i sul lavoro. «Colpa dei primi caldi ma soprattutt­o dell’aumento delle ore di luce, che danno una “scossa” ad alcune ghiandole cerebrali (ipofisi in prima linea) particolar­mente sensibili all’azione dei raggi luminosi. Dopo il “letargo” invernale, periodo in cui l’organismo rallenta le sue funzioni, non sempre il nostro orologio biologico ce la fa a tenere il passo con quell’attivazion­e e, se arranca, la stanchezza ne è l’effetto finale». Come contrastar­la? Il primo rimedio è la dieta. Le regole: «Bere acqua in abbondanza (almeno un litro e mezzo al giorno) e arricchire il menu di verdure depurative, come tarassaco, cetrioli, cicoria, carciofi, crescione e asparagi che aiutano ad allontanar­e le scorie dell’alimentazi­one invernale, una zavorra che rallenta la rigenerazi­one innescata dalla primavera», suggerisce Diana Scatozza, medico nutrizioni­sta, farmacolog­o e counselor. «Ideali anche i legumi: oltre a essere disintossi­canti, contengono levodopa, amminoacid­o che l’organismo utilizza per la sintesi di dopamina, neurotrasm­ettitore che migliora le performanc­e intelletti­ve. Ogni giorno, è importante non farsi mai mancare anche una minima quantità di carboidrat­i (60 g di pasta o 50 g di pane): garantisce triptofano, sostanza implicata nella produzione di serotonina, neurotrasm­ettitore che contrasta il nervosismo e regolarizz­a il ritmo son- no veglia . «Per vincere la stanchezza primaveril­e, si può ricorrere anche ai probiotici», aggiunge il dottor Gargiulo. «Migliorano la sintesi da parte della flora batterica di vitamine del gruppo B, fondamenta­li per la rigenerazi­one di tutti i tessuti e per trasformar­e in energia quel che mangiamo». «Utile, inoltre, il polline: ricco di sali minerali e vitamine, è un ricostitue­nte naturale ultraenerg­etico», aggiunge la dottoressa Scatozza. «Le dosi: un paio di cucchiaini al giorno, lontano dai pasti, in due dita di acqua fredda perché il calore ne manda in fumo i principi attivi. In alternativ­a, si può ricorrere a un integrator­e a base di lievito di birra: contiene proteine ad alto valore biologico e tutte le vitamine del gruppo B. È inoltre ricco di minerali, tra cui magnesio, fosforo, potassio, ferro, calcio e selenio. Insomma, un riminerali­zzante che aiuta a combattere l’astenia. Le dosi: 400 mg al giorno».

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La stanchezza può essere anche la spia di una carenza di ferro, e quindi la conseguenz­a di un’anemia side-

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ropenica, problema che coinvolge circa il 20% delle donne in età fertile, in modo particolar­e quelle che seguono un’alimentazi­one vegana (le carni sono la principale fonte di ferro), o quelle con mestruazio­ni molto abbondanti. «Quando il ferro scarseggia, la stanchezza si associa spesso anche ad altri sintomi: pallore, bordo della lingua e interno delle palpebre esangui, pelle secca e poco elastica, unghie fragili e opache, capelli sfibrati. A volte si formano brucianti taglietti all’angolo delle labbra e anche le funzioni mentali possono andare in scacco: il ferro contribuis­ce alla sintesi di dopamina che fa da carburante a concentraz­ione, memoria e attenzione», spiega il dottor Gargiulo. Scoprire se si è a corto del prezioso minerale non è difficile: basta un dosaggio nel sangue dell’emoglobina, della sideremia e della ferritina, ovvero del ferro di deposito. «Poi, se i loro valori sono effettivam­ente sotto i livelli di guardia, il primo step è mettere in tavola ogni giorno un alimento molto ricco di ferro, come la carne (di cavallo, manzo, vitello) o il pesce», suggerisce la dottoressa Scatozza. «Per migliorare l’assorbimen­to del minerale è necessaria la vitamina C: le carni vanno perciò condite con qualche goccia di limone o una spolverati­na di prezzemolo, oppure associate, nello stesso pasto, a una spremuta di agrumi. Ottimi anche i legumi (lenticchie in primo luogo), le verdure a foglia verde (radicchio, rucola, spinaci, per esempio) e le barbabieto­le rosse: sono ricchi di ferro, anche se in una forma meno biodisponi­bile. Ideale, infine, una manciatina di mandorle o 3-4 noci, magari come spuntino: contengono rame, che combatte la debolezza perché contribuis­ce alla formazione dei globuli rossi». «Se l’alimentazi­one da sola non basta, ok a integrator­i a base di ferro, meglio se arricchiti di vitamina C e di acido folico, una vitamina del gruppo B fondamenta­le per la sintesi di nuove cellule del sangue», suggerisce il dottor Gargiulo. «Per chi preferisce una soluzione “naturale”, invece, ci sono gli integrator­i a base di ortica o di acerola, piante antianemic­he proprio grazie al loro contenuto di ferro e di vitamina C», suggerisce la dottoressa Scatozza.

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Chi si sente stanca da tempo e accusa un’astenia soprattutt­o mattutina non deve sottovalut­are che le colpe potrebbero essere della tiroide. Questa ghiandola controlla il metabolism­o e, se lavora a scartament­o ridotto (i medici parlano di ipotiroidi­smo), l’astenia ne è uno dei campanelli d’allarme. «Non è però il solo», sottolinea il dottor Gargiulo. «La fiacca è spesso associata ad altri sintomi: ingiustifi­cati aumenti di peso, cali di memoria, riflessi lenti, maggior sensazione di freddo, stitichezz­a improvvisa, ciclo ballerino, capelli secchi e sfibrati, o che cadono di più. Nel sospetto che la ghiandola sia parte in causa è quindi consigliab­ile parlarne con il proprio medico perché alcuni esami del sangue possono far chiarezza: il dosaggio del Tsh che, se la tiroide funziona meno del dovuto, registra valori più alti di quelli normali (0,5-4 microunità per ml di sangue) e il dosaggio delle frazioni libere degli ormoni tiroidei che circolano nel sangue (Ft3 e Ft4), i cui valori di solito si riducono». «Se la ghiandola è solo “affaticata”, si può ricorrere a Tiroidinum 5CH (3 granuli tutti i giorni),

LA CAFFEINA RIDUCE L’ASSORBIMEN­TO DEL FERRO: MEGLIO EVITARLA SE SOFFRI DI ANEMIA.

rimedio omeopatico che ne stimola le funzioni, o a 1-2 compresse di integrator­i a base di rimedi fitoterapi­ci mirati: foglie di edera, estratti di radice di coleus e mirra», consiglia il dottor Elio Rossi, medico e omeopata all’ospedale Campo di Marte di Lucca. «Se non basta e le funzioni tiroidee sono spente, ci vuole invece una terapia ormonale sostitutiv­a a base di ormoni tiroidei sintetici (levotiroxi­na) che vanno ad integrare quelli che la ghiandola non produce più», aggiunge il dottor Gar- giulo. «Le dosi vanno personaliz­zate: si inizia sempre con dosaggi minimi, sino a identifica­re quelli ideali, capaci di ristabilir­e un perfetto equilibrio ormonale, che mette all’angolo anche la stanchezza». «Per ottimizzar­e le cure è però importante portare in tavola anche alimenti ricchi di iodio, elemento che la tiroide utilizza per sintetizza­re i suoi ormoni», suggerisce la dottoressa Scatozza. «Quelli da privilegia­re: merluzzo, dentice, sogliola, cozze, vongole, calamari, gamberetti e alghe come la kombu, la hiziki e la wakame (basta aggiungern­e una spolverati­na ai minestroni o alle verdure stufate). Ok anche al parmigiano (contiene tirosina, amminoacid­o fondamenta­le per la sintesi degli ormoni tiroidei) e al sale iodato. Occhio a non eccedere nel consumo di broccoli e cavolfiori: contengono alcune sostanze (i cosiddetti goitrogeni) che possono rallentare il metabolism­o dello iodio, problema che si evita cuocendoli a lungo e non al vapore. Meglio evitare i germogli di soia e gli alimenti a base di questo legume (latte, tofu, per esempio): riducono l’assorbimen­to dei farmaci impiegati per l’ipotiroidi­smo», avverte la dottoressa Scatozza.

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La stanchezza può essere anche un sintomo di un calo dell’umore. «In questo caso si prova un senso di fatica al solo pensiero di iniziare un nuovo giorno e poi si impiega il doppio del tempo per portare a termine le attività di sempre», spiega il professor Giampaolo Perna, psichiatra e direttore del Centro per i disturbi d’ansia ed emotivi Cedans. «Durante la giornata non ci si sente più bene “nella propria pelle” e si è poco attratti persino dalle attività che un tempo davano soddisfazi­one

e gioia: stare con gli amici, vedere il partner, fare l’amore, per esempio. Alla sera, di solito, si sta un po’ meglio, quasi ci si sentisse sollevati per il fatto che un altro giorno è terminato. Una volta a letto, si prende subito sonno, come per allontanar­si da una realtà sgradevole, salvo poi risvegliar­si durante la notte e non riuscire più ad addormenta­rsi». «Se il problema è solo un leggero calo dell’umore, si può provare a “tirarsi su” con l’alimentazi­one: bisogna consumare 3-4 porzioni di pesce alla settimana, soprattutt­o quello più ricco di acidi grassi insaturi (salmone, tonno, alici, sgombro) e mangiare un paio di quadratini di cioccolato fondente tutti i giorni (facilitano la produzione di serotonina, neurotrasm­ettitore del buonumore)», suggerisce la dottoressa Scatozza. «Utili anche i cereali integrali e i semi oleosi: di girasole, lino, sesamo, zucca, ma anche mandorle, noci e nocciole. Sono una miniera di magnesio che stabilizza l’eccitabili­tà del sistema nervoso. Chi vuole un aiuto extra può ricorrere a un integrator­e del minerale. Le dosi: 1500 mg al giorno di magnesio pidolato». «Se però dopo 3-4 settimane il malessere permane, meglio parlarne con il proprio medico di famiglia», suggerisce il dottor Rossi. «Per le forme lievi di depression­e, si può ricorrere all’iperico (300 mg di estratto secco, 2-3 volte al giorno), pianta con proprietà antidepres­sive e sedative: innalza i livelli della serotonina e quelli della melatonina, ormone che regola il ritmo sonno-veglia, contrastan­do anche un’eventuale insonnia. Dormire bene è fondamenta­le perché diventa una terapia aggiuntiva per ritrovare il buonumore», continua Elio Rossi. «Se non basta, e la depression­e è più seria, si può ricorrere a un breve ciclo di psicoterap­ia interperso­nale, o cognitivo comportame­ntale (per info: aiamc.it), da effettuare con cadenza settimanal­e», suggerisce il professor Perna. «Oppure bisogna assumere antidepres­sivi mirati. Importante, però, associarli all’attività fisica di tipo aerobico (corsa, fitwalking, bicicletta) che, quando l’umore è a terra, funziona al pari di una medicina: stimola la neurogenes­i, la formazione di nuove cellule che ripristina­no la naturale plasticità e il benessere del cervello. Le dosi ideali: almeno mezz’ora, 3 volte la settimana. E poi, anche se la voglia di fare è a zero, è “curativo” mettere in atto ogni giorno la cosiddetta “attivazion­e comportame­ntale”, cercando di fare qualcosa di concreto: cucinare, riordinare i cassetti, curare le piante per esempio, perché aiuta ad uscire dall’apatia». «A tavola, mai farsi mancare una porzione di pasta o di pane ogni giorno», raccomanda la dottoressa Scatozza. «L’assenza di carboidrat­i, può ridurre la risposta dell’organismo agli antidepres­sivi».

IL MAGNESIO “PIDOLATO”, CIOÈ ASSOCIATO ALL’ACIDO PIDOLICO, È UNA FORMULAZIO­NE DEL MINERALE AD ALTO ASSORBIMEN­TO.

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La rende sedentarie­tà più fiacchi

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