SE LA SCUOLA METTE ANSIA, AIUTALO COSÌ
Tuo figlio a casa studia, ma quando è in classe l’emozione lo blocca e il rendimento ne risente. L’aiuto più grande può venire dai genitori. Come spiega la psicologa
L'ansia da prestazione scolastica è dovuta in gran parte al comportamento di noi adulti e ai messaggi che, il più delle volte inconsapevolmente, trasmettiamo ai figli», esordisce Rosanna Schiralli, psicologa e psicoterapeuta. «È normale che per il genitore sia importante che il bambino vada bene a scuola, ma con i suoi atteggiamenti spesso gli comunica che l’unico aspetto rilevante per lui è il rendimento scolastico, e il figlio è degno di attenzione solo se soddisfa certe aspettative».
EVITA L’INTERROGATORIO
Molti genitori, quando il figlio esce da scuola, lo investono con un raffica di domande: “Com’è andata oggi? Hai fatto la verifica? Che voto hai preso?”. «Un vero e proprio interrogatorio, che metterebbe ansia a chiunque», commenta Schiralli. «Se invece gli domandiamo: “Come sei stato oggi?”, il ragazzo percepisce che siamo interessati a lui più che alla sua prestazione». Idem con i compiti: non assillarlo con frasi come “Che cosa devi fare oggi? Studia, perché domani ti interroga!” ma lascia che se la sbrighi da solo (al massimo controllando alla fine) e invoglialo a impegnarsi con la prospettiva di un’attività divertente per il dopo.
ALLENA IL PENSIERO POSITIVO
Il bambino ansioso si fascia la testa in partenza: in vista di una verifica è portato a pensare che andrà male, sarà diffi- cilissima, consegnerà in bianco. Ancora una volta spetta a noi adulti il compito di smorzare il catastrofismo e trasformare il pensiero negativo in un ventaglio di alternative ottimistiche. «Spronalo a immaginare altri scenari: forse il compito sarà proprio sull’argomento che conosce meglio, probabilmente la maestra farà domande semplici, magari andrà benissimo», suggerisce la psicologa. Le possibilità sono tante: perché pensare sempre al peggio?