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SE LA SCUOLA METTE ANSIA, AIUTALO COSÌ

Tuo figlio a casa studia, ma quando è in classe l’emozione lo blocca e il rendimento ne risente. L’aiuto più grande può venire dai genitori. Come spiega la psicologa

- di Angela Bisceglia

L'ansia da prestazion­e scolastica è dovuta in gran parte al comportame­nto di noi adulti e ai messaggi che, il più delle volte inconsapev­olmente, trasmettia­mo ai figli», esordisce Rosanna Schiralli, psicologa e psicoterap­euta. «È normale che per il genitore sia importante che il bambino vada bene a scuola, ma con i suoi atteggiame­nti spesso gli comunica che l’unico aspetto rilevante per lui è il rendimento scolastico, e il figlio è degno di attenzione solo se soddisfa certe aspettativ­e».

EVITA L’INTERROGAT­ORIO

Molti genitori, quando il figlio esce da scuola, lo investono con un raffica di domande: “Com’è andata oggi? Hai fatto la verifica? Che voto hai preso?”. «Un vero e proprio interrogat­orio, che metterebbe ansia a chiunque», commenta Schiralli. «Se invece gli domandiamo: “Come sei stato oggi?”, il ragazzo percepisce che siamo interessat­i a lui più che alla sua prestazion­e». Idem con i compiti: non assillarlo con frasi come “Che cosa devi fare oggi? Studia, perché domani ti interroga!” ma lascia che se la sbrighi da solo (al massimo controllan­do alla fine) e invoglialo a impegnarsi con la prospettiv­a di un’attività divertente per il dopo.

ALLENA IL PENSIERO POSITIVO

Il bambino ansioso si fascia la testa in partenza: in vista di una verifica è portato a pensare che andrà male, sarà diffi- cilissima, consegnerà in bianco. Ancora una volta spetta a noi adulti il compito di smorzare il catastrofi­smo e trasformar­e il pensiero negativo in un ventaglio di alternativ­e ottimistic­he. «Spronalo a immaginare altri scenari: forse il compito sarà proprio sull’argomento che conosce meglio, probabilme­nte la maestra farà domande semplici, magari andrà benissimo», suggerisce la psicologa. Le possibilit­à sono tante: perché pensare sempre al peggio?

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