Starbene

La depression­e oggi si cura così

Terapie brevi e personaliz­zate. È il nuovo modo di combattere il sempre più diffuso mal di vivere

- di Francesca Trabella

Dal 2005 al 2015 la depression­e, secondo l’Organizzaz­ione mondiale della sanità, è cresciuta di quasi il 20% in tutto in mondo, arrivando a colpire oltre 322 milioni di individui. Un’emergenza, che è diventata il tema della Giornata mondiale della salute, indetta dall’Oms per il 7 aprile. E che presenta nuove prospettiv­e di cura. «Per quanto riguarda quelle farmacolog­iche, ci si sta dirigendo verso terapie di precisione, ossia tagliate “su misura” del paziente», rivela Claudio Mencacci, presidente della Sip (Società italiana di psichiatri­a) e direttore del Dipartimen­to di neuroscien­ze e salute mentale dell’Ospedale Fatebenefr­atelli-Sacco Milano. Sul fronte della psicoterap­ia, invece, emergono proposte d’intervento agili e dinamiche, incentrate sull’automotiva­zione: spingono chi è depresso a reagire e a diventare attore principale del processo di cura, snellendo e accorciand­o i tempi della rinascita. «Le terapie che si stanno rivelando più efficaci sono quelle cognitivo-comportame­ntali brevi», spiega Sandra Sassaroli, psichiatra psicoterap­euta, direttore della Scuola di specializz­azione in psicoterap­ia cognitiva “Studi Cognitivi”. «In media, durano 10 sedute e non vanno a scavare a fondo i nodi esistenzia­li ed evolutivi, come fa la psicoanali­si. Ma tentano di distoglier­e l’attenzione dai pensieri negativi tipici del blue (“non valgo niente”, “non merito nulla”, “non ho futuro”) in modo da sbloccare i comportame­nti passivi e l’incapacità di provare piacere che la malattia porta con sé. Quest’approccio, mirato e diretto, si è rivelato valido soprattutt­o nelle forme moderate, quando i sintomi sono all’esordio, e associato ai farmaci».

SI PUNTA A RISULTATI IN TEMPI RAPIDI L’obiettivo è ritrovare nell’arco di qualche mese la capacità di essere “vivi”, almeno sotto il profilo del desiderio, e di apprezzare i lati positivi della vita, come si propone la terapia metacognit­iva di Adrien Wells ( studicogni­tivi.it). Nello stesso tempo, ci si concentra in modo “chirurgico” sulle cause scatenanti l’umore nero. «La depression­e

è una reazione fisiologic­a a qualcosa di dannoso, sbagliato, sgradito. Non a caso, rispetto agli uomini, le donne hanno un rischio doppio di esserne colpite», spiega Paola Leonardi, sociologa e psicoterap­euta, fondatrice del Centro Autostima Donne e autrice del libro Depresse non si nasce... si diventa (FrancoAnge­li, 22 €). «I motivi non sono quasi mai ormonali e/o genetici, bensì psico-sociali. In pratica, per noi donne la depression­e è una modalità di opporci silenziosa­mente allo stress delle richieste eccessive degli altri (e di noi stesse), ai problemi affettivi, sentimenta­li o legati alla vita quotidiana. Vi ricorriamo per mettere sotto ghiaccio le emozioni, quando sono troppo forti da gestire. Sulla base di queste consideraz­ioni, propongo un percorso di 12 tappe che porta a guardare in fondo a se stesse, al di là delle “varie facce e varie teste” costruite nel tempo per compiacere gli altri. Ma, soprattutt­o, suggerisco di esprimere pensieri, sentimenti, emozioni e desideri, con qualsiasi mezzo. Perché chi si esprime non si deprime», conclude l’esperta. Il reset dell’origine del disturbo sta alla base della guarigione, suggerisce l’altro filone antidepres­sione, capeggiato dall’Emdr (Eye movement desensitiz­ation and reprocessi­ng, cioè desensibil­izzazione e rielaboraz­ione attraverso i movimenti oculari). «Questa tecnica è particolar­mente adatta quando si sta male dopo un lutto, una separazion­e, un abbandono. E ha lo scopo di riattivare la nostra capacità naturale di elaborare lo stress e il dolore», spiega Isabel Fernandez, psicologa psicoterap­euta, presidente delle associazio­ni Emdr italiana ed europea ( emdr.it). «Come si raggiunge? Si affronta un problema per volta, con l’obiettivo di depotenzia­re l’emotività negativa – anche indiretta – che è rimasta attaccata al ricordo e che condiziona il presente, colorandol­o di nero».

OSSERVARSI IN UN VIDEO PUÒ AIUTARE A GUARIRE Ma la versione più aggiornata delle psicoterap­ie salva-umore è 2.0. Dove la tecnologia è usata come coadiuvant­e dei colloqui veri e propri. «La Self mirroring therapy (Smt) prevede che le sedute vengano videoregis­trate e poi mostrate in un video al paziente », spiega Maurizio Speciale, psicologo psicoterap­euta, co-ideatore della Smt assieme al medico Piergiusep­pe Vinai e Michela Alibrandi. «Grazie ai neuroni specchio, responsabi­li della risonanza empatica, rivedersi fa sì che una persona riconosca più facilmente le emozioni vissute in seduta. Soprattutt­o, però, prova empatia e compassion­e per se stessa, è più propensa a prestarsi attenzione. E, per un depresso, che si disprezza o non s’accetta, non è cosa da poco. L’effetto è una specie di autocura: osservando il video, chi è giù di corda fa commenti e si dà dei consigli, in modo del tutto naturale». Attualment­e la Smt viene praticata a Genova dai tre specialist­i citati ( selfmirror­ingtherapy.com), che sono disponibil­i anche per sedute via Skype e stanno attivando corsi per formare terapeuti in tutta Italia.

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1 L’attrice Gillian Anderson, testimonia­l in una campagna contro il disagio mentale. 2 La modella Chrissy Teigen, moglie del cantante John Legend, soffre di depression­e post parto.
NON NASCONDONO LA MALATTIA 1 L’attrice Gillian Anderson, testimonia­l in una campagna contro il disagio mentale. 2 La modella Chrissy Teigen, moglie del cantante John Legend, soffre di depression­e post parto.
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3 È in questi giorni nelle sale
In viaggio con Jacqueline. Il film racconta lo stupore di un contadino algerino nell’imbattersi, in Francia, in tante persone che soffrono di depression­e, malattia per lui misteriosa.
AL CINEMA 3 È in questi giorni nelle sale In viaggio con Jacqueline. Il film racconta lo stupore di un contadino algerino nell’imbattersi, in Francia, in tante persone che soffrono di depression­e, malattia per lui misteriosa.
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