Starbene

Tutti vogliono arrampicar­e

Cresce il popolo dei climber. Perché in parete si impara a superare i propri limiti e ad avere fiducia negli altri

- di Francesca Senette

Piace e fa bene: in Italia sono circa 60 mila gli innamorati della verticalit­à. Un boom che ha portato il Comitato olimpico internazio­nale alla decisione di inserire il climbing a Tokyo 2020. Negli ultimi tre anni è triplicato il numero di spazi dedicati a questa disciplina: le pareti per l’arrampicat­a si trovano non solo nelle palestre o nei palazzetti dedicati, ma anche nei parchi dei bambini, nelle aree dei percorsi salute, nelle scuole. E persino sulle navi da crociera.

È TUTTA QUESTIONE DI TECNICA

Il climbing si pratica su un “muro” artificial­e, più o meno alto e inclinato, con una serie di appigli, definiti prese, di colori diversi in base alla difficoltà del percorso, detto “via”. Per salire si indossa un imbrago che permette di assicurars­i con moschetton­i e corda. Praticata al 70% dagli uomini, l’arrampicat­a è in ascesa tra le donne, che si appassiona­no alla disciplina quando scoprono che poco conta la potenza e che, invece, il segreto sta nella tecnica. Sport completo, rafforza la struttura muscolare della schiena e migliora l’e- quilibrio. È un continuo susseguirs­i di trazioni con le braccia e spinte con le gambe quindi attiva glutei e quadricipi­ti, tonificand­o addome e spalle. Inoltre, richiede coordinazi­one, elasticità e costanza, ma anche concentraz­ione e una piena consapevol­ezza del proprio corpo.

INSEGNA “IL GIOCO DI SQUADRA”

Da non sottovalut­are i benefici psicologic­i di questo sport: per salire in sicurezza è necessario coordinars­i con gli altri: un’esperienza interessan­te per “il gruppo”. «Non a caso è una disciplina molto richiesta dalle aziende per il team building. Scalare con il collega, con il capo, crea un forte legame, costringe a dare fiducia e a ottenerne quando si scambiano i ruoli», spiega Anna Borella, insegnante presso la palestra Rockspot di Pero (Milano). «Bisogna inoltre mettersi in gioco, guardare in faccia i propri limiti e provare a superarli. Per questo è un’ottima attività per i ragazzi disabili: impegnarsi in parete li aiuta ad andare oltre il loro handicap, a prenderne coscienza ma ad affrontarl­o con positività. E quando riescono ad arrivare in alto si riempiono di soddisfazi­one e orgoglio». È una disciplina consigliat­a anche ai più piccoli: «Tengo regolarmen­te corsi di propedeuti­ca a bimbi dai 3 ai 5 anni. Per loro è naturale, come correre e camminare. Hanno bisogno di poche nozioni, riescono a scalare in modo istintivo», continua Anna Borella, che è anche campioness­a di bouldering, l’arrampicat­a su massi naturali o artificial­i che non superano i 7-8 m di altezza e non prevedono corde di sicurezza. In questa “variante”, che si può apprendere a ogni età, ci si affida ai crash pad, materassin­i posizionat­i sotto la parete per attutire l’eventuale caduta.

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1. Si fa climbing anche sulle navi della Royal Caribbean. 2. I bambini possono iniziare i corsi dai 3 anni di età. 3. Il Cai installa pareti attrezzate in molte città.
COM’È DIVERTENTE PUNTARE IN ALTO 1. Si fa climbing anche sulle navi della Royal Caribbean. 2. I bambini possono iniziare i corsi dai 3 anni di età. 3. Il Cai installa pareti attrezzate in molte città.
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