Perché i vaccini fanno sempre discutere?
È di nuovo polemica su sicurezza, efficacia e confilitti di interessi fra controllati e controllori. Così abbiamo posto 9 domande cruciali a 6 grandi esperti
Dici vaccini e scoppia, quasi immancabile, la polemica tra chi si schiera a favore e chi contro. L’ultimo caso riguarda l’inchiesta della trasmissione tv Report volta, nelle intenzioni degli autori, a far luce soprattutto sulla vaccinovigilanza (il sistema pubblico di verifica di eventuali effetti collaterali in questo settore della salute) e le possibili reazioni avverse (in particolare dell’antipapilloma virus) ma che di fatto ha contribuito a risollevare dubbi su tutto il mondo delle vaccinazioni. Perché finisce sempre (o quasi) così quando si affronta questo argomento?
La questione è anche politica?
«I vaccini, oltre che un tema medicoscientifico, sono un tema sociale e politico, dal momento che i piani vaccinali sono decisi dai governi e rivolti a tutta la popolazione», sottolinea Pier Luigi Lopalco, professore di igiene e medicina preventiva all’Università di Pisa, epidemiologo e, a lungo, coordinatore delle politiche vaccinali nel Centro europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie di Stoccolma. Quando entrano in gioco la propaganda e il dibattito tra partiti aumenta la confusione. Lo dimostra la bagarre che si è scatenata qualche giorno fa tra i nostri politici, dopo un editoriale del quotidiano New York Times contro le posizioni anti vaccini espresse da alcuni 5 Stelle.
Il rischio di effetti collaterali è alto?
I vaccini si somministrano a persone sane, e quindi le potenziali reazioni avverse della vaccinazione spaventano molto di più dei rischi che si corrono a non farla. «Se di fronte a un farmaco che prendiamo quando stiamo male siamo pronti a rischiare un effetto collaterale, con i vaccini, che assumiamo da sani, è difficile, a livello psicologico, accettare anche un rischio minimo. Si finisce per dare più peso ai possibili effetti avversi della vaccinazione che a quelli che derivano dal non farla», sottolinea Lopalco. «Dati e studi scientifici ci dicono, però, che nella gran maggioranza dei casi, gli effetti collaterali sono lievi, di tipo locale e transitori (febbre leggera, gonfiore nel punto dell’iniezione), oppure facilmente risolvibili», spiega Gianni Rezza, diret-
1920 SONO I CASI DI MORBILLO IN ITALIA SEGNALATI DALL’INIZIO DELL’ANNO. 5 VOLTE DI PIÙ RISPETTO AL 2016. I VACCINATI CONTRO LA MALATTIA SONO SOLO L’83% , CONTRO UN OBIETTIVO DEL 95% fonte ISS, Ministero della Salute
tore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità. «Quelli gravi sono rarissimi e decisamente inferiori a quelli scatenati dalla malattia che si vuole prevenire. Per esempio, il vaccino contro il morbillo ha un rischio di allergie gravi o encefaliti in un caso ogni milione di dosi, ma la probabilità di morire per la malattia è di un caso ogni 3000 contagiati, e uno ogni 1000 di avere un’encefalite», conclude l’esperto.
I vaccini sono tutti necessari?
Anche la distinzione tra vaccinazioni obbligatorie e raccomandate, nel nostro Paese ha contribuito a far credere che le prime fossero necessarie, le seconde meno. «L’obbligo era legato a un particolare contesto storico di emergenza sanitaria, ma oggi tutti i vaccini inseriti nei livelli essenziali di assistenza sono ugualmente importanti», spiega Rezza. «L’inserimento, infatti, viene fatto sulla base di approfondite valutazioni che tengono conto non solo dell’efficacia e della sicurezza del vaccino, ma anche della diffusione della malattia e del rapporto tra i benefici legati alla vaccinazione e i costi, di salute ma anche economici, legati invece alla sua mancata effettuazione».
Contengono sostanze pericolose?
Sul contenuto dei vaccini si sollevano ciclicamente accuse di pericolosità, sempre smentite: l’ultima riguarda la presenza nei vaccini dei cosiddetti contaminanti, in particolare “nanoparticelle” (cioè parti microscopiche) di metalli pesanti, come l’alluminio. «L’Agenzia del farmaco francese ha fatto un accurato studio scientifico analizzando i principali vaccini e dimostrando che il contenuto di nanoparticelle è molto inferiore a quello assunto quotidianamente, e senza rischi, mangiando o bevendo. L’alluminio, per esempio, è presente solo in alcuni vaccini per migliorare la risposta immunitaria, ma lo è in quantità assolutamente sicure», aggiunge Caterina Rizzo, del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità. «Inoltre, prima di entrare in commercio, campioni di ogni lotto di vaccini vengono puntualmente sottoposti a controlli terzi, tra cui quelli dell’Istituto superiore di sanità, proprio per escludere contaminazioni».
La vaccinovigilanza funziona?
Per vaccinovigilanza intendiamo l’insieme delle attività di raccolta, valutazione, analisi e comunicazione degli eventi avversi che seguono la vaccinazione. Si basa soprattutto sulle segnalazioni spontanee. «In Italia sono ancora molto limitate rispetto ad altri Paesi Europei. Si tratta quindi di incentivarle e stimolarle», sottolinea Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. C’è però chi lamenta di trovarsi davanti a medici che si rifiutano di farle. «Hanno l’obbligo di segnalare qualsiasi evento avverso, ma anche il cittadino può occuparsi direttamente della segnalazione senza passare dal medico: basta compilare un modulo che si trova sul sito vigifarmaco.it e spedirlo via mail», sottolinea Lopalco.
I conflitti di interesse nel settore possono compromettere la sicurezza e l’efficacia dei vaccini?
I potenziali conflitti di interesse ci sono, perché sono le aziende farmaceutiche a produrre i vaccini e a studiarne, a proprie spese, gli effetti, prima di commercializzarli. E sempre loro “finanziano” l’Agenzia europea del farmaco (Ema), l’ente chiamato a verificare tali studi per autorizzare o meno l’uso dei vaccini (come di altri farmaci). Per molti, dato che “dietro c’è innanzitutto l’interesse a vendere farmaci”, non ci si può fidare di quanto sostengono i produttori. «Gli studi su efficacia e sicurezza dei vaccini, anche se finanziati dalle aziende, seguono regole molto rigorose imposte da enti pubblici regolatori. Inoltre l’Ema non è in realtà finanziata dalle aziende, che pagano una sorta di tassa per poter sottoporre gli studi a una valutazione, indipendentemente dal risultato delle verifiche. Ciò non toglie che il conflitto di interesse esista, e che si debba fare di più per limitarlo. Per esempio si potrebbe affidare la sorveglianza degli eventi avversi ad agenzie terze», spiega Lopalco. «Un’azienda che nascondesse i rischi di un proprio vaccino, comunque, avrebbe un danno di immagine ma soprattutto economico elevatissimo, tanto che al primo problema è spesso la stessa a ritirare un prodotto prima ancora che lo faccia l’autorità di controllo». «Anche perché i guadagni sui vaccini sono molto inferiori a quelli di altri farmaci», aggiunge Roberto Burioni, docente di microbiologia e virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. «Secondo il Rapporto Osmed, nel 2015 per i vaccini abbiamo speso in Italia 317,9 milioni di euro (l’1,4% della spesa totale farmaceutica), mentre solo per antiacidi e antiulcera si è speso più di un miliardo di euro».
C’è chi parla ancora di autismo come conseguenza delle vaccinazioni: cosa sappiamo oggi di sicuro in merito?
La presunta relazione tra vaccini e autismo è nata da una frode, ma per la mamma al cui figlio viene diagnosticata la malattia proprio nei mesi successivi a una vaccinazione è facile continuare a credere che le due cose siano collegate. «“Dopo” la vaccinazione, però, non significa automaticamente “a causa” della vaccinazione. Se pensiamo che in media 90 bambini su 100 vengono vaccinati durante il primo anno di vita, è facile capire che tutto ciò che avviene in questo anno può essere correlato temporalmente alla vaccinazione», spiega il professor Lopalco. «Servono poi studi e valutazioni approfonditi e complessi, per arrivare a capire con sicurezza se c’è o meno un nesso causale. E per quanto riguarda l’autismo, le ricerche lo hanno sempre escluso categoricamente», ribadisce Rizzo.
-99,4% È LA RIDUZIONE DEI CASI DI ROSOLIA IN ITALIA OTTENUTA GRAZIE AL VACCINO. SI È PASSATI DA 15 MILA IN MEDIA OGNI ANNO A SOLI 96 REGISTRATI TRA IL 2010 E IL 2013.