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Tutta la verità sulle protesi d’anca

L’inchiesta sull’operato di un noto chirurgo ha diffuso ansia e incertezza. Ecco cosa c’è da sapere per affrontare con serenità l’intervento

- di Valentino Maimone

Di recente l’intervento di protesi d’anca è finito sulle prime pagine dei giornali per un’inchiesta penale che ha coinvolto un noto chirurgo ortopedico di Milano, accusato di praticarlo in maniera spregiudic­ata. Lo scandalo ha gettato nell’incertezza e nello sconforto le tante persone candidate all’operazione (secondo i dati del Registro italiano artroprote­si dell’Istituto superiore di Sanità, solo nel nostro Paese se ne fanno 100 mila l’anno). Per fare chiarezza ci siamo rivolti al dottor Emilio Romanini, chirurgo ortopedico a Roma, membro del comitato scientific­o della Società italiana dell’anca e del Registro italiano artroprote­si.

Quando serve l’intervento?

A causa dell’artrosi, di un trauma o di altre malattie (come l’artrite reumatoide), la cartilagin­e che facilita lo scorriment­o della testa del femore all’interno dell’acetabolo (una cavità del bacino) può consumarsi o danneggiar­si, rendendo difficile e doloroso anche solo camminare, sedersi o alzarsi, indossare calze o allacciars­i le scarpe. L’ortopedico consiglia l’intervento quando la malattia condiziona la qualità della vita del paziente, causando dolore e impossibil­ità di muovere normalment­e l’anca, oppure lo costringe all’uso costante di antidolori­fici che, alla lunga, possono causare ulteriori problemi di salute.

È davvero sicuro?

È un intervento che sta per compiere 55 anni: sicuro ed efficace, è in grado di fare cessare il dolore, aumentare la capacità di movimento e permettere il ritorno a una vita normale.

Come si esegue?

Il chirurgo asporta prima di tutto la testa del femore originaria. Quindi, inserisce nella cavità dell’acetabolo una coppa metallica con un inserto in materiale plastico o ceramica. A questo punto l’esperto impianta nel femore un perno, sulla cui sommità c’è una sfera (di metallo o ceramica) che si inserisce nella coppa, in modo da permettere il

corretto scivolamen­to della protesi, proprio come avviene in un’anca sana. L’intervento dura in media 60 minuti, ma dipende dalla complessit­à del caso da trattare. Si esegue in anestesia spinale (cioè eseguita tramite un’iniezione di anestetico praticata fra le vertebre lombari) e richiede circa 5-6 giorni di ricovero.

È necessaria una preparazio­ne particolar­e?

No, purché le condizioni generali del paziente siano buone. Una raccomanda­zione che in genere viene fatta al paziente è quella di ridurre i chili di troppo: il sovrappeso, infatti, rende più complessa l’anestesia, allunga i tempi di recupero e riduce la durata nel tempo della protesi perché ne aumenta l’usura.

Si effettua solo in età avanzata?

No, l’impianto di una protesi d’anca può essere necessario anche sotto i 50 anni, in genere a causa di forme precoci di artrosi che spesso sono la conseguenz­a di traumi, come una caduta dagli sci o dallo scooter, o anche patologie infantili. Di sicuro è un’operazione più frequente nelle persone anziane, ma solo perché l’artrosi è il primo motivo per cui si esegue.

Si ritorna come prima?

Nella grande maggioranz­a dei casi si recupera al 100%, ma il risultato finale dipende sempre da tanti fattori: la costituzio­ne fisica del paziente, la sua età, lo stile di vita, e più ancora la presenza di malattie associate, come l’artrosi in altri punti del corpo, e la gravità dei disturbi al momento dell’intervento.

Quali sono i tempi di recupero?

Di solito, già dopo 24 ore il paziente viene rimesso in piedi con l’aiuto di una o due stampelle canadesi. Entro 5-6 giorni dall’intervento si torna a casa e a 2 settimane viene sottoposto al primo controllo, per togliere i punti. Dopo 45 giorni, altra visita per una valutazion­e clinica e radiografi­ca. Se è tutto a posto, il successivo appuntamen­to con il medico viene fissato dopo un anno. Per recuperare la capacità di muoversi normalment­e e svolgere le attività quotidiane servono circa 2-3 mesi mentre riguardo l’attività fisica vera e propria bisogna aspettarne 4-5. Inoltre, in ogni caso, occorre evitare gli sport di contatto o che prevedono contrasti, come calcio, rugby o arti marziali), e quelli che richiedono salti (basket, pallavolo): meglio orientarsi sul nuoto e sulla bicicletta, senza mai esagerare.

Una volta impiantata, quanto dura la protesi?

Non è possibile stabilirlo in anticipo perché dipende da troppe variabili. I continui progressi nella ricerca hanno allungato la vita delle protesi grazie ai nuovi materiali (titanio, polietilen­e e ceramica, spesso in combinazio­ne tra loro), ma non è detto che i modelli più innovativi o costosi siano i migliori. Le maggiori responsabi­lità ricadono sul paziente: per aumentare la durata dell’impianto bisogna mantenere uno stile di vita attivo senza però esagerare, evitare di mettere su peso ed effettuare dei controlli periodici dal proprio chirurgo.

Che probabilit­à ci sono di tornare “sotto i ferri”?

Le statistich­e dicono che a 10 anni dall’intervento, il 95% delle protesi d’anca funziona ancora e non ha bisogno di essere sostituito. Ciò significa che solo in un caso su 20 sarà necessario un nuovo intervento prima di 10 anni. Il rischio di doversi rioperare aumenta progressiv­amente, a mano a mano che passa il tempo, quindi un giovane avrà più probabilit­à nel corso del tempo di doversi sottoporre a un nuovo intervento, rispetto a un paziente anziano.

NEL GIRO DI 24 ORE SI È GIÀ IN PIEDI. E DOPO MENO DI UNA SETTIMANA SI VIENE DIMESSI DALL’OSPEDALE.

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