Starbene

Il digiuno che allunga la vita

Non devi nutrirti di sola acqua per giorni interi. Ma ridurre il numero dei pasti. Per dare il tempo ai geni della longevità di entrare in azione

- di Marzia Nicolini e Roberta Piazza

Tutti ne parlano. Anzi, ne scrivono. Non passa mese senza che esca un nuovo libro sul digiuno, considerat­o da un numero crescente di medici e scienziati la chiave per vivere più a lungo e in salute. «È una pratica spirituale consigliat­a da millenni da tutte le più grandi religioni», afferma il professor Yoshinori Nagumo, presidente onorario dell’Internatio­nal Antiaging Medical Society. Specializz­ato nella cura del tumore della mammella, docente di medicina nelle Università di Tokio e Osaka, il superesper­to giapponese ha da poco pubblicato in Italia Il magico potere del digiuno (vedi box a destra), libro nel quale parla anche della sua esperienza personale. Non pensare però che la scelta giusta per invecchiar­e bene sia quella di non mettere nulla sotto i denti per giorni interi. La proposta del professor Nagumo è di concedersi “un solo pasto al giorno” (l’astinenza totale dal cibo non si è dimostrata utile per allungare la vita). «Ho iniziato a farlo 10 anni fa, quando ne avevo 45, perché avevo paura di morire», racconta. «Per colpa dello stress avevo iniziato a bere e mangiare in modo smodato. L’alimentazi­one scorretta e troppo abbondante mi aveva portato ad aumentare di parecchi chili. La mia salute era peggiorata e, per tornare in forma, avevo provato di tutto: dall’attività fisica a diverse diete che imponevano menu rigidi decisament­e non indicati per me».

POCO CIBO (ED ESCLUSIVAM­ENTE LA SERA)

«Poi, per caso, mi sono accorto che consumando pasti semplici e poco energetici il mio peso diminuiva costanteme­nte e il mio stato di malessere, di riflesso, si attenuava», prosegue il professor Nagumo. «Quella scoperta mi ha rivelato che il metabolism­o non rallenta, bensì si attiva, anche con un’alimentazi­one molto frugale. Il passo successivo è stato quello di nutrirmi esclusivam­ente alla sera. Da allora il valore sulla mia bilancia è stabile e sono anche ringiovani­to fisicament­e».

LA “CARESTIA” MANTIENE GIOVANI LE CELLULE «Fu quando iniziai a leggere i primi studi sui geni della longevità che fugai definitiva­mente ogni mio dubbio», ammette il medico giapponese. «Diverse ricerche sugli animali avevano dimostrato che l’aumento maggiore della durata della vita (da 1,4 a 1,6 volte) si verificava in concomitan­za con una restrizion­e calorica del 40% (calcolato sulla base di quanto le cavie erano solite mangiare). Poi alcuni esperiment­i sulle scimmie avevano messo in evidenza che quelle ben nutrite presentava­no segni d’invecchiam­ento, mentre le altre, sottoposte a dieta rigida, mantenevan­o un pelo bello lucente a dispetto del passare del tempo. Adesso sappiamo che ciò dipende dalle sirtuine, geni che si attivano quando l’organismo è in carestia per passare in rassegna tutte le cellule e riparare quelle danneggiat­e». Ma Yoshinori Nagumo non è il solo a insistere sulla necessità di mangiare poco per mantenersi giovani e vivere a lungo. «Gli studi che abbiamo condotto sull’uomo mostrano che la restrizion­e calorica favorisce il mantenimen­to di alti livelli di colesterol­o “buono”, l’Hdl (uno dei più

IL MODO IDEALE PER MANTENERSI SANI? CENARE E BASTA. LO SOSTIENE IL PROFESSOR YOSHINORI NAGUMO NEL SUO ULTIMO LIBRO (VALLARDI, 12,90 €).

fedeli marcatori della durata della vita) e la riduzione della presenza di molecole infiammato­rie e di diversi ormoni coinvolti nello sviluppo dei tumori. Ma ignoriamo quale sia il numero ottimale di calorie da consumare al giorno. Verosimilm­ente varia da persona a persona», aggiunge il professor Luigi Fontana, che codirige il Programma di longevità e salute della Washington University di St. Louis.

LE ALTERNATIV­E AL MONOPASTO

«Quanto al digiuno, è probabile che consumare 2-3 volte alla settimana solo vegetali cotti o crudi (conditi con 1 cucchiaio di olio extravergi­ne d’oliva, limone o aceto) sia a pranzo sia a cena possa avere effetti benefici sul nostro benessere e rallentare l’invecchiam­ento», precisa il professor Fontana. «L’altra ipotesi che stiamo valutando è quella del time-restricted feeding, cioè l’assunzione di tutte le calorie giornalier­e in 8-10 ore con un conseguent­e periodo senza cibo di 16-14 ore». Avere un po’ di fame non mette in azione solo le sirtuine ma anche la grelina, un ormone prodotto dallo stomaco che inibisce profondame­nte l’infiammazi­one. «Per mantenersi in salute l’ideale è fare una colazione molto ricca, un pranzo normale e una cena leggera, aggiungend­o 2-3 semi-digiuni settimanal­i», puntualizz­a il professor Franco Berrino, per anni direttore del Dipartimen­to di medicina preventiva e predittiva dell’Istituto nazionale tumori di Milano.

TANTI VEGETALI E UN PO’ DI PESCE NEL MENU

«La dieta ideale è poco calorica e ricca di spezie e cibi di origine vegetale, molti dei quali contengono sostanze mima-digiuno, come la quercetina, il resveratro­lo, le antocianin­e, capaci di ingannare il corpo e indurlo a credere che ci sia penuria di viveri», afferma la dottoressa Lucilla Titta, coordinatr­ice del Progetto SmartFood dell’Istituto europeo di oncologia di Milano, che ha portato all’individuaz­ione di ben 20 molecole alleate della longevità. Ok in tavola anche a cibi integrali, legumi e al pesce. «Un’alimentazi­one pesco-vegetarian­a è quella che garantisce, al momento, la minore mortalità», puntualizz­a il professor Berrino, in sintonia con Yoshinori Nagumo e Valter Longo (box qui sopra). Quanto all’orario e al numero di pasti, in attesa di studi comparativ­i, liberi tutti!

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