Polinsature: occhio al rapporto tra 6 e Omega 3
— In entrambi i casi si tratta di acidi grassi essenziali, definiti così perché il nostro organismo non è in grado di produrli da solo e quindi devono essere necessariamente assunti con la dieta. Sono molto fluidi e si alterano (ovvero si irrancidiscono) con estrema facilità: vanno perciò protetti sia dalla luce, sia dal calore. L'olio di semi di lino è il più instabile in assoluto, va addirittura conservato in frigorifero e usato esclusivamente a crudo. «Insieme alle noci, è la principale fonte di Omega 3 per chi segue un'alimentazione vegetariana», afferma la dottoressa Scatozza. «Chi mangia
di tutto può invece farne scorta puntando sul pesce azzurro, il tonno o il salmone. I benefici degli Omega 3 sono stati verificati da diversi studi: riducono l'infiammazione, fluidificano il sangue agendo come un farmaco antiaggregante, migliorano il tono dell'umore, mantengono le membrane cellulari elastiche e, stando alle ultimissime ricerche, sembra che giovino anche alla fertilità». Attenta invece al consumo di Omega 6: «Se ne abusi o non li controbilanci con gli Omega 3 (il loro rapporto dovrebbe essere di 3 a 1) scatenano l'infiammazione e aumentano il rischio di irrigidimento delle pareti delle arterie e, nei maschi, di sviluppo del tumore alla prostata», mette in guardia la dottoressa Scatozza. Il più "pericoloso” tra gli Omega 6 è l'acido arachidonico, presente nei cibi di origine animale. Da non dimenticare, infine, che i grassi polinsaturi vengono utilizzati dall'organismo per la sintesi dei neurotrasmettitori.