LA DIETA CHE NON VIETA LA FRITTURA
L’ha messa a punto una celebre nutrizionista. In 4 fasi, della durata di un mese ciascuna, ti insegna a usare bene il cibo. Per conquistare il peso forma, senza rinunciare ai piatti gustosi
sperta di alimentazione, oncologa, consulente e conduttrice di note trasmissioni Rai dedicate alla salute e al benessere, per molto tempo la dottoressa Debora Rasio ha insegnato ai suoi pazienti che, per dimagrire in modo definitivo, basta mangiare sano. Gli schemi dietetici rigidi non servono, anzi: nel 95% dei casi, fanno riprendere con gli interessi il peso perso in soli due anni. Ora il suo metodo alimentare è diventato un libro, La dieta non dieta (vedi boxino nella pagina a fianco).
Qual è il punto di forza del suo programma?
«Il fatto di non basarsi su menu restrittivi e privi di gusto, che non possono essere seguiti a lungo termine da chi, come me, ha una passione per il cibo. La dieta non dieta propone uno stile alimentare valido per la vita, attraverso il recupero dei buoni sapori della cucina tradizionale. Mangiare bene vuol dire rinunciare ai cibi raffinati e industriali, che sono pieni di additivi chimici, limitare il consumo di zucchero, sale e grassi scadenti e imparare a riconoscere i prodotti che non nutrono e non saziano, ma creano dipendenza e “affamano”».
Perché le diete dimagranti non funzionano?
«Il grasso corporeo è un tessuto protettivo e isolante che il cervello ci fa accumulare per difenderci dalle situazioni di tensione emotiva. Le diete rappresentano per l’organismo un ulteriore stress, quindi perpetuano questo meccanismo di stoccaggio. Non basta: i regimi ipocalorici rallentano il metabolismo; quando il corpo percepisce una riduzione della disponibilità di calorie, reagisce adattandosi a bruciarne meno. Infine, alterano il naturale rapporto con il cibo: per natura gli esseri viventi hanno una conoscenza innata del proprio fabbisogno calorico e sono in grado di regolare l’assunzione di alimenti per far fronte a ogni situazione, tuttavia questo “sapere naturale” può essere cancellato dai condizionamenti dettati dalle diete, che impongono di non ascoltare il segnale di fame».
In realtà nel suo libro descrive un preciso regime dietetico. Non è una contraddizione?
«In passato ho dedicato buona parte del mio lavoro alla spiegazione dei principi di un’alimentazione sana, scollegandoli dai dettami proibizionistici di una dieta: alcune persone rispondevano positivamente, ma tante altre erano deluse dal fatto di non avere uno schema preciso a cui attenersi. Così, è nata la “non dieta”, un piano nutrizionale che insegna a nutrirsi bene senza pensare alle calorie. In questo modo la tavola torna a essere fonte di piacere e i prodotti industriali perdono attrattiva. Le quattro fasi del programma (tutte della durata di un mese) rappresentano una sorta di rieducazione alimentare affinché il cibo torni a essere lo strumento per preservare salute, vitalità e peso forma».
La prima fase ricorda le diete iperpoteiche...
«All’inizio l’apporto di proteine è appena al di sopra delle raccomandazioni (circa 1 g/Kg di peso), mentre sono liberi i grassi sani e le verdure, delle quali si mangiano circa 10 porzioni al giorno. L’eliminazione dei carboidrati serve a produrre corpi chetonici (derivati dai lipidi) che forniscono energia ai muscoli, ai tessuti periferici, al cuore e al cervello. Gli studi hanno dimostrato che la chetosi (causata dall’aumento della loro concentrazione zione nel sangue) ha diversi benefici: spegne l’infiammazione, regola i livelli di insulina, protegge le cellule nervose, migliora la composizione del microbiota intestinale, riduce la pressione sanguigna e i livelli di colesterolo, diminuisce la sensazione di fame e, soprattutto, sblocca rapidamente il metabolismo. Nel mio metodo la chetosi è blanda, e non comporta rischi per la salute».
Com’è articolato il resto del programma?
«La seconda fase è dedicata a familiarizzare con i carboidrati integrali, iniziando da quelli senza glutine, come il riso nero Venere, il riso rosso, la quinoa, l’amaranto e il grano saraceno. Nella fase 3 si impara a modulare il consumo di proteine, che, se consumate in eccesso, provocano stress ossidativo e alterano molti segnali ormonali, tra cui quello dell’insulina e di mTOR, enzima coinvolto nella crescita delle cellule tumorali. Contemporaneamente, si introducono i legumi e i cereali integrali con il glutine, tra cui farro, orzo e segale, che hanno comunque un basso indice glicemico. Infine c’è la fase 4, nella quale si costruisce un piano alimentare equilibrato che permette di mantenere il peso giusto e si mangia di tutto, compresi alcuni alimenti-farmaci come il cioccolato e la frutta secca oleosa. Chi deve ancora dimagrire continuerà a calare anche in questa fase, sebbene in maniera più graduale. Tuttavia, se l’obiettivo del peso forma dovesse risultare ancora lontano, trascorso qualche mese potrà ricominciare il programma dall’inizio».
Lei come si comporta a tavola per rimanere in forma?
«Ho sperimentato su me stessa i danni delle diete restrittive. A 20 anni ne feci una drastica: persi 6 chili, ma dopo qualche mese mi ritrovai a mangiare senza controllo, arrivando a riprenderne 11. Ho impiegato molto tempo per capire che la mia sregolatezza era il risultato dell’errata divisione tra alimenti permessi e proibiti. Quando mi sono resa conto che potevo mangiare liberamente, ho smesso di ingurgitare cibo in modo compulsivo e da allora non ho mai più fatto un giorno a stecchetto».
Quali consigli dà alle donne per mantenersi in salute e prevenire tumori e malattie cardiovascolari?
«È un invito valido per tutti: tornare all’alimentazione dei nostri nonni, che non conoscevano la parola “caloria”. Allora l’incidenza delle malattie del benessere era molto più bassa e l’obesità e il diabete non avevano le dimensioni di un’epidemia. Si mangiava solo ciò che offriva la natura, rispettando il ciclo delle stagioni, e gli uomini usavano le mani per dissodare la terra, non per raffinare il grano. Un’utopia nostalgica? No, un obiettivo alla portata di tutti».