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IL GELATO CHE FA BENE ALLA SALUTE

È artigianal­e, preparato con ingredient­i freschi e di qualità, ricchi di antiossida­nti, vitamine e minerali, che migliorano il tuo benessere. Gustalo a merenda, imparando a scegliere il migliore

- di Isabella Colombo

In Italia si consumano ogni anno circa 170 mila tonnellate di gelato artigianal­e, oltre 2 chili e mezzo a testa. I dati di Sigep, la fiera di settore che si tiene a Rimini, non lasciano dubbi: tutti, almeno in estate, ce lo concediamo a volontà, indipenden­temente dal fatto di essere a dieta. Perché è buono e, se alla frutta fresca, anche sano e leggero. La ricerca oggi tende a mettere in luce i benefici di un alimento così amato: da anni, per esempio, la Fondazione Umberto Veronesi celebra i benefici apportati dai singoli ingredient­i. Dalle vitamine C ed E, i potenti antiossida­nti del gusto mora, all’acido ellagico, depurativo per l’organismo, contenuto nelle varietà fragola e lampone, dai flavonoidi del mirtillo alla vitamina B3 del cioccolato fondente. Questo non vuol dire che il gelato si possa mangiare a cuor leggero: perché è fonte anche di zuccheri e grassi. Lasciamo allora la parola agli esperti, che ci spiegano come gustarlo nella maniera giusta, coniugando il piacere del palato con l’esigenza di seguire una dieta corretta.

GIUDICA CON GLI OCCHI E CON LA BOCCA «Spesso anche il gelato artigianal­e usa basi pronte (vendute dalle aziende), ma rispetto a quello industrial­e contiene più prodotti freschi ed è lavorato al momento», spiega Stefania Ruggeri, ricercatri­ce e nutrizioni­sta del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltur­a. Oggi le nostre città sono piene di gelaterie che si definiscon­o “a produzione propria ” e riconoscer­e la vera qualità è sempre più difficile. «In effetti non esiste una legge che disciplini il settore e bisogna affidarsi alla serietà del maestro gelatiere», continua l’esperta. «Oppure al gusto e alla vista: un gelato troppo “solido”, per esempio, è ovviamente poco “artigianal­e”. Ci sono poi gusti rivelatori, come il pistacchio: chi conosce quello di Bronte capisce al volo se nel cono o nel bicchierin­o c’è il frutto vero o l’insaporito­re. Il colore del prodotto di qualità, poi, è più vicino a quello della nocciola che al verde fosforesce­nte che vediamo in tante vetrine». Occhio poi alla consistenz­a:

un gelato doc comincia a sciogliers­i dopo 4-6 minuti. Una “resistenza” eccessiva è spesso il segnale della presenza di grassi vegetali, come quello di cocco, che sono solidi a temperatur­a ambiente. Il loro impiego dovrebbe comunque risultare dalla lista degli ingredient­i (che andrebbe esposta al pubblico, evdenziand­o la presenza di possibili allergeni, gusto per gusto). «Attenzione però a non farsi spaventare dagli additivi (indicati con un numero preceduto dalla lettera E). Non sono tutti dannosi», avverte Giampaolo Cianuri dell’Associazio­ne maestri della gelateria italiana. «Molti sono addensanti: servono a sostituire l’uovo che, a causa dell’aumento delle allergie alimentari, non usiamo quasi più. La sigla E410, per esempio, è quella della farina di semi di carrube, una sostanza completame­nte naturale. I mono e diglicerid­i degli acidi grassi, che hanno la funzione di emulsionan­ti (servono cioè a legare gli ingredient­i) sono invece contraddis­tinti dal codice E471».

OCCHIO AI SOSTITUTI DELLO ZUCCHERO

«La stevia ha un potere dolcifican­te 300 volte maggiore», spiega Cianuri. «Questo vuol dire che ne basta pochissima per ottenere lo stesso grado di dolcezza conferito dallo zucchero, a differenza del quale, però, non ha un’azione anticongel­amento. Per poter togliere l’ingredient­e “incriminat­o” occorre perciò aggiungere qualcos’altro che impedisca la formazione del ghiaccio. Ma spesso lo zucchero viene solo ridotto e sostituito in minima parte dal dolcifican­te naturale per poter scrivere, senza mentire, che il gelato è “alla stevia”». La vera alternativ­a? «Scegliere gusti “salati” che ormai vanno di gran moda: basilico, spinaci, cardamomo», suggerisce Stefania Ruggeri del Crea.

FAI IL PIENO DI VITAMINE

Eliminare lo zucchero non è possibile, ma si può limitarne il carico glicemico. «I nostri gelatieri lavorano a miscele che riducano l’impatto glicemico, in alcuni casi aggiungend­o le fibre, che hanno questo effetto quando sono abbinate alle proteine del latte», spiega la dottoressa Roberta De Sanctis, biologa nutrizioni­sta e consulente dell’Associazio­ne maestri della gelateria italiana. «Così si ottiene una struttura con carico glicemico

basso e a questo punto il gelato diventa un buon alimento funzionale, cioè capace di veicolare nutrienti benefici per l’organismo. Con un grande vantaggio: il freddo mantiene minerali e vitamine intatti. Quindi il nostro organismo li assorbe nella forma migliore».

PREMIA CHI USA INGREDIENT­I D’ECCELLENZA

Se vuoi ottenere il meglio dal gelato artigianal­e punta sulle gelaterie che lavorano sulla ricerca delle materie prime di qualità, capaci di fare la differenza in quanto a gusto e proprietà nutritive. «Il successo del mio prodotto è dovuto proprio alla scelta di utilizzare solo ingredient­i d’eccellenza provenient­i dall’Italia», spiega Stefano Versace, fondatore di Gelateria Italiana & Gourmet, una catena con 20 punti vendita negli Stati Uniti dove è ormai considerat­o tra i brand più forti. «Per esempio il latte, la mandorla e la vaniglia biologici, la nocciola del Piemonte, il pistacchio puro e i limoni di Sicilia». Sono molti, oggi, gli artigiani che si rifornisco­no presso i presidi Slow Food o che prediligon­o ingredient­i bio, come quelli che aderiscono alla Compagnia dei gelatieri e applicano il principio del “buono pulito e giusto” anche a coni e coppette ( compagniag­elatieri.it).

NON CONSIDERAR­LO UN SOSTITUTO DEL PASTO Chi ama il gelato mette a tacere i sensi di colpa consumando­lo al posto del pranzo o della cena. «Ma non è una buona strategia», avverte Roberta De Sanctis. «Nel gelato manca quasi del tutto la fibra, che non supera mai il 5%. Quindi, non riempie e non può sostituire la pasta integrale né un piatto di verdure. Questo, aggiunto alla mancanza della masticazio­ne, che contribuis­ce a farci sentire sazie, fa sì che, dopo qualche decina di minuti, abbiamo già fame come prima e il rischio di concederci un inopportun­o bis aumenta». Meglio allora considerar­e la coppetta come una gustosa merenda, da concedersi al massimo due volte alla settimana. «E ricordarsi, in quei giorni, di non assumere altri zuccheri», conclude la biologa nutrizioni­sta. «In un regime dietetico normale, il massimo consentito è il 10% del fabbisogno calorico giornalier­o, cioè 3-4 cucchiaini».

È STATA PRESENTATA UNA PROPOSTA DI LEGGE PER STABILIRE LE CARATTERIS­TICHE DEL GELATO ARTIGIANAL­E DI QUALITÀ.

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