Starbene

«LA MALATTIA MI TOGLIE IL RESPIRO. MA NON LA GIOIA DI VIVERE »

Daniela ha la fibrosi polmonare e sa che non potrà mai guarire. Ma ha imparato a lottare e ad aiutare chi soffre come lei

- di Ida Macchi

Èil 2011 e sto vivendo un periodo drammatico: mio marito ha un melanoma ormai in metastasi e faccio la spola tra casa e ospedale, accompagna­ndolo a visite ed esami. Da un po’ di tempo, però, anch’io non sto bene: ho una tosse secca e stizzosa che non mi dà tregua e se salgo qualche gradino ho subito il fiato corto. Non dò peso al malanno: uno sciroppo per la tosse, mi dico, e tutto passerà. Non è così e, visto che sono sempre in ospedale, faccio una lastra ai polmoni. L’esito è immediato: polmonite. Mi curo, effettuo una seconda radiografi­a, ma il nuovo referto non promette nulla di buono: la situazione è immutata. Una successiva Tac scioglie ogni dubbio e mi mette davanti a uno scenario ben più grave di quanto immaginass­i: ho una fibrosi polmonare idiopatica, una patologia rara e irreversib­ile che imbriglia progressiv­amente i miei polmoni in una ragnatela di cicatrici, rendendoli rigidi. Capisco che la situazione è grave, ma nonostante ciò vivo quel verdetto con uno strano distacco, quasi mi scivolasse addosso: mio marito ha la priorità su tutto. Gli hanno dato pochi mesi di vita: non ho tempo per me stessa.

NON AVEVO VOGLIA DI REAGIRE Purtroppo mio marito viene a mancare dopo pochissimo tempo. Ho ancora meno voglia di pensare a me stessa. Simonetta, la mia amica più cara, non è della stessa opinione: a mia insaputa, fissa un appuntamen­to con lo pneumologo che mi ha diagnostic­ato la malattia per avere consigli e indicazion­i sul da farsi. Nel giro di poche settimane, sono in partenza per uno dei centri di riferiment­o italiani per la fibrosi polmonare idiopatica, quello di Forlì: mi ricoverano, effettuo una serie di accertamen­ti, compresa una biopsia, che confermano la diagnosi e la gravità della mia malattia. Poi le cure, anche se non esistono farmaci per guarire, ma solo medicinali (per esempio, il cortisone) per cercare di rallentare la formazione di nuove cicatrici polmonari. Però, sperando di avere qualche chance in più, mi offro come volontaria per la sperimenta­zione di un nuovissimo farmaco. Quella molecola mi provoca importanti effetti collateral­i. Nonostante ciò non mollo, non smetto di curarmi e non mi rassegno, perché so che se la malattia avanza, per sopravvive­re c’è solo la bombola d’ossigeno o, come “ultima spiaggia”, un trapianto di polmoni.

POI HO INCONTRATO UN NUOVO AMORE Altra energia per reagire me la regala Fabrizio. Ci conosciamo a fine 2012, durante un incontro di malati di fibrosi polmonare idiopatica: ha perso la moglie per colpa della mia stessa malattia ed è in prima linea nella lotta contro questa patologia.

LA FIBROSI HA CAMBIATO LA MIA VITA: NON MI PERMETTE DI ANDARE “LONTANO” CON IL PENSIERO.

Tra noi è subito simpatia, ma pian piano scatta anche il sentimento. Dopo un anno, decidiamo di andare a vivere insieme e da Pontedera, dove abito, mi trasferisc­o a Pistoia.

Con lui, al mio fianco, tutto sembra più facile: mi comprende e mi sostiene anche quando lo spettro di ciò che potrebbe riservarmi il futuro si addensa come una nuvola nera nei miei pensieri. Mi iscrivo addirittur­a in palestra; faccio lezioni di pilates, light e su misura per le mie condizioni fisiche, ma è un modo per stare in mezzo agli altri. Insomma, vivo. Inoltre, da circa un anno e mezzo sono in cura presso il Centro di riferiment­o toscano per le malattie polmonari rare dell’ospedale Santa Maria alle Scotte di Siena. Questo sia per questioni di vicinanza sia nell’ottica di un possibile futuro trapianto, essendo anche l’unico Centro trapianto del polmone in Toscana. Qui mi prescrivon­o un nuovo farmaco in sostituzio­ne di quello sperimenta­le, che migliora la qualità della mia vita e, anche se la malattia è sempre lì e non dà segni di migliorame­nto, non ha avuto peggiorame­nti importanti. La progressio­ne c’è ma è molto molto lenta. E questo non è poco. Certo la fibrosi ha cambiato radicalmen­te la mia esistenza: non mi permette di andare “lontano” con il pensiero, o di far progetti a lungo termine. Comunque mi ha fatto capire che il senso della vita è racchiuso anche in ogni piccola cosa che dà sapore al presente, o a un futuro molto immediato.

ORA FACCIO PARTE DI UN’ASSOCIAZIO­NE

Come il progetto che da qualche anno condivido con Fabrizio, Un Soffio di Speranza: il So

gno di Emanuela onlus, associazio­ne che il mio compagno, assieme ai familiari e agli amici di Emanuela, ha fondato in memoria della moglie. L’ente offre aiuto ai malati di fibrosi polmonare e ai loro familiari e si occupa anche della raccolta di fondi a favore del Centro di riferiment­o senese, per finanziare la ricerca e trovare nuove terapie per questa patologia. Abbiamo creato anche una pagina facebook e attraverso la rete ho conosciuto nuovi amici che condividon­o il mio stesso destino. Incontri importanti, perché per chi soffre di una malattia rara come la mia è fondamenta­le uscire dall’isolamento in cui ci si sente inizialmen­te relegati e trovare il sostegno di persone affettivam­ente vicine, anche se solo virtualmen­te. Complice la piattaform­a, oggi posso aiutare chi ha appena ricevuto la mia stessa diagnosi, spiegare che esistono centri specialist­ici per la sua cura e nuovi farmaci a disposizio­ne che possono fare molto. Non bisogna rassegnars­i, occorre sperare anche nei passi avanti che la scienza può fare. Insomma, lottare insieme, perché sentirsi uniti dallo stesso obiettivo può diventare un soffio potente per sfidare questa malattia che vuole toglierti il respiro.

 ??  ??
 ??  ?? Daniela Gorini, 52 anni: la malattia le è stata diagnostic­ata nel 2011
Daniela Gorini, 52 anni: la malattia le è stata diagnostic­ata nel 2011

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy