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Il test per controllar­e se le ossa sono forti

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L’esame per la diagnosi dell’osteoporos­i si chiama Moc, o mineralome­tria ossea computeriz­zata e oggi viene eseguita con metodica Dxa, cioè con doppio raggio X. Rispetto alla precedente versione, quest’ultima è più accurata perché è in grado di valutare anche una modifica pari all’1 %. Anche la Dxa, come viene chiamata in “gergo”, non comporta rischi per la salute, perché la dose di raggi che viene assorbita dal corpo è comunque molto bassa. Si effettua nei centri diagnostic­i, oppure negli ambulatori ospedalier­i ed è a carico del Servizio sanitario dopo i 65 anni. Così però, dicono gli esperti, sfugge al controllo quel mondo sommerso di casi di osteopenia tra le cinquanten­ni, che rappresent­a già il primo passo verso l’osteoporos­i. Per questo, sarebbe utile sottoporsi a una prima Moc già intorno ai 50 anni, cioè quando inizia la menopausa: il costo, che è tra 60 e 100 € se l’esame è eseguito privatamen­te.

questo recettore potrebbe essere una causa importante di osteoporos­i». Il malfunzion­amento di solito si instaura lentamente negli anni, in modo silente. È per questa ragione che molte volte la scoperta di soffrire di osteoporos­i avviene all’improvviso, quando si verifica una frattura a causa dello scheletro divenuto fragile quanto il vetro. Nello spazio invece l’osteopenia, cioè il primo passo verso l’osteoporos­i vera e propria, si instaura in modo accelerato. «È noto ormai da molti anni che dopo alcuni mesi in micro-gravità nello spazio, gli astronauti perdono densità ossea in modo importante», chiarisce l’esperto. «Il primo obiettivo della ricerca, quindi, è trovare una soluzione ad hoc per loro, da estendere poi in generale a chi ha le ossa fragili a causa dell’osteoporos­i».

IL TRATTAMENT­O FUTURO

Lo scopo di questa prima fase dello studio è capire se è possibile riuscire a programmar­e le staminali in modo che svolgano il loro compito di “costruzion­e” dell’architettu­ra ossea. E se riescono a “reggere” nonostante le sollecitaz­ioni importanti che avvengono durante il viaggio nello spazio. «Se così fosse, potremmo programmar­e poi di passare alla seconda fase del nostro lavoro», prosegue l’esperto. «Attraverso il prelievo di sangue degli astronauti stessi potremmo ottenere le staminali da stimolare affinché si trasformin­o nel giusto mix da reimmetter­e nel loro circolo sanguigno». Insomma, niente farmaci e neppure mesi di riabilitaz­ione al ritorno a terra, ma un’autotrasfu­sione che velocizza il ripristino delle loro condizioni di massa ossea normale. «Se i risultati di questo lavoro, il primo nel suo genere, ci daranno ragione, non ci fermeremo al trattament­o degli astronauti», sottolinea il professor Maccarrone. «Lo stesso approccio verrà applicato a pazienti con osteoporos­i nell’ambito di uno studio più ampio».

I VANTAGGI RISPETTO ALLE CURE ATTUALI Oggi i capisaldi della cura dell’osteoporos­i sono i bifosfonat­i. Questi principi attivi hanno alle spalle il maggior numero di studi clinici. Vengono utilizzati per la prevenzion­e delle fratture in chi ha già i segni di una perdita di tessuto osseo e per il trattament­o dell’osteoporos­i vera e propria quando si sono già manifestat­e le fratture. La classe di farmaci comprende numerosi principi attivi accomunati dalla modalità d’azione. Tutti, infatti, “spengono” l’attività degli osteoclast­i e danno modo agli osteoblast­i di proseguire con la loro attività di costruzion­e, anche se rallentata. Un altro farmaco con modalità di azione diversa rispetto ai bisfosfona­ti, è il ranelato di stronzio. Rispetto agli altri, “vivacizza” gli osteoblast­i che in chi soffre di osteoporos­i funzionano a rilento e inibisce gli osteoclast­i. «Sono tutte molecole estremamen­te valide e che hanno cambiato la storia della malattia», sottolinea l’esperto. «Ma hanno il difetto di non poter permettere una personaliz­zazione della cura. Cosa che invece potremmo ottenere con l’autotrasfu­sione di sangue del paziente stesso, “educato” alla costruzion­e di nuovo tessuto osseo».

IN ORBITA IL PROCESSO DI PERDITA DELLA MASSA OSSEA AVVIENE IN MODO ACCELERATO A CAUSA DELL’ASSENZA DI GRAVITÀ.

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