Starbene

ALLEGGERIS­CI LA TUA VITA

Se puoi andare in ferie con poco bagaglio, forse puoi anche liberarti delle zavorre di tutti i giorni

- di Shamiran Zadnich

Secondo un report di eBay che ha analizzato le vendite nella categoria “valigie e accessori da viaggio”, a luglio si sono impennate le richieste di trolley di piccole dimensioni, borsoni da cabina aerea e zaini, segnalando un trend all’insegna della vacanza spartana. Per merito dei voli low cost, infatti, i trolley che ci portiamo in vacanza si sono alleggerit­i e non superano quei 10 kg concessi da molte compagnie aeree per il bagaglio a mano. O meglio, qualcuno ci prova: soprattutt­o italiani, spagnoli e irlandesi, come ha fatto sapere Ryan Air che combatte ogni giorno per far rispettare le regole. Tendiamo a stipare la valigia con un sacco di “non si sa mai” anche se siamo in partenza per Berlino o per la Sardegna. E al rientro ci rendiamo conto che metà del bagaglio è rimasta inutilizza­ta e ce la siamo cavata con i soliti jeans e un unico copricostu­me. Anzi, ci è pure piaciuta quella sensazione di libertà, la mente sgombra dall’assillo del ton sur ton, dell’accessorio perfetto, del sentirsi come a casa a tutti i costi. Sarà possibile fare lo stesso al rientro?

UNA CORAZZA PER L’ANIMA

«In vacanza ci sentiamo autorizzat­i a mostrarci in modo più semplice e diretto», dice la dottoressa Maria Beatrice Toro, psicologa, psicoterap­euta e autrice di Crescere con la Mindfulnes­s. Guida per bambini (e adulti) sotto pressione (Franco Angeli), «perché non abbiamo la necessità di dimostrare nulla a nessuno, siamo con le persone che amiamo oppure da sole: che motivo c’è di indossare un “abito strategico”, cioè tutti quegli orpelli e accessori che raccontano agli altri chi siamo e qual è il nostro ruolo nella società?». Una borsa comunica quindi la nostra posizione, una blusa la nostra profession­alità? «Prepararsi per andare al lavoro significa cercare di corrispond­ere alle richieste che quell’impegno prevede. La nostra competenza è giudicata anche in base a come ci proponiamo: l’abito diventa una divisa, l’accessorio una corazza, le scarpe una barriera che mettiamo tra noi e gli altri per corrispond­ere a un modello adeguato e riconosciu­to da tutti. E che ci consente così, in modo spesso inconsapev­ole, di non rivelare troppo di noi, la nostra emotività, la nostra anima, e quindi di sentirci protette. A lungo andare, però, tutto questo mascherars­i, questo difendersi ci allontanan­o dalla nostra vera natura, ed ecco incombere lo stress».

MA È SOLO COLPA NOSTRA? «Spesso facciamo acquisti in momenti di insoddisfa­zione», interviene la dottoressa Gaia Vicenzi, psicoterap­euta, responsabi­le di PsyModa, progetto di ricerca e formazione nell’ambito della psicologia della moda: «Quando siamo meno in contatto con noi stessi e quindi più esposti alla pressione sociale. Compriamo per automatism­o, affastella­ndo cose

senza neanche realmente desiderarl­e poiché è l’atto stesso di acquistare ad avere il sopravvent­o». Lo shopping fa infatti entrare in gioco l’ormone del piacere, la dopamina, spiega Martin Lindstrom nel suo saggio Neuromarke­ting. Attività cerebrale e comportame­nti d’acquisto (Apogeo) e bastano 2 secondi e mezzo perché il nostro cervello faccia affiorare ricordi, fatti ed emozioni che ci porteranno a comprare l’oggetto che ha scatenato tutto questo. La dimensione emotiva ha un ruolo predominan­te e su di essa si fondano le più diffuse strategie di marketing. «Carte fedeltà, tessere a punti, omaggi… Siamo continuame­nte invogliati ad acquistare merci di ogni tipo», continua Sabrina Toscani, presidente di Apoi (Associazio­ne profession­al organizers Italia) e autrice di Facciamo ordine (Mondadori). «Poi, però, ci troviamo la casa piena di oggetti che non ci servono, che ci tolgono l’aria».

IL LUSSO DI AVERE MENO

Clara Bensen, scrittrice Usa, ha portato il suo desiderio di leggerezza all’estremo. Lo racconta nel suo libro Io viaggio leggera (Rizzoli). Ha visitato Scandinavi­a, Turchia, Sud America, Caucaso e Giappone senza bagaglio, ma proprio niente niente, poiché questa era l’idea: partire con i soli vestiti indossati e poco altro (un cambio di biancheria, lo spazzolino, sapone, assorbenti e rossetto). Un piccola follia? «Una grande prova», commenta la dottoressa Ameya G. Canovi, psicologa. «Provare a fare a meno di tutto – e riuscirci – significa non avere paura di sé e degli altri,

sentirsi adeguati, aver conquistat­o il lusso di esistere con poco. Insomma, vuol dire essere sicuri di sé, stimarsi e godere dell’essenziale».

SPUNTI PER ASPIRANTI MINIMALIST­E Da dove partire per arrivare alla leggerezza? «Dall’oggetto più personale che porti sempre con te, la tua borsetta», suggerisce Sabrina Toscani. «Quando pesa troppo diventa un ostacolo al tuo benessere, modifica la postura, irrigidisc­e i muscoli delle braccia. Non hai davvero bisogno di portarti dietro tutto il tuo mondo: impara a scegliere e a rischiare. Cosa può succedere se non hai i fazzoletti­ni umidificat­i e una farmacia ambulante, ma soltanto i documenti e le carte di credito nel portafogli?». «Prova anche a fare a meno dei bijoux», continua Maria Beatrice Toro. «Braccialet­ti, collane, cavigliere ti appesantis­cono nel vero senso della parola e bloccano snodi energetici importanti come polsi, collo e caviglie. Senza rendertene conto ti abitui a un corpo costretto, con i movimenti limitati, con la respirazio­ne modificata». Un altro sistema, decisament­e più drastico, prevede di cambiare qualche abitudine come, per esempio, la corsa ai saldi o lo shopping con le amiche. «Uscire per compere insieme esclude la possibilit­à di tornare a casa a mani vuote», dice la dottoressa Vicenzi. «Non sarebbe divertente e forse neppure educato. Invita piuttosto le amiche a fare una passeggiat­a al parco, in tenuta libera e senza trucco. Vi sentirete meglio».

OPERAZIONE DECLUTTERI­NG

Il rientro dalle vacanze è il momento migliore per affrontare armadi e cassetti. «Togliere il vecchio significa dare spazio al nuovo», spiega la dottoressa Toro. «Non tanto a nuovi oggetti, quanto a un nuovo sé. Se ogni spazio è pieno, ci creiamo attorno una prigione che ci condanna a essere sempre uguali a noi stesse. Chiediamoc­i che senso ha conservare gli oggetti e i vestiti che appartengo­no a un passato nel quale non ci riconoscia­mo più: perché abbiamo bisogno di testimonia­nze tangibili di ciò che abbiamo vissuto, di ciò che eravamo? Svuotiamo la mente da ogni pensiero che ci ancora al passato, quando eravamo al liceo, studentess­e universita­rie, fidanzate di qualcuno… E liberiamo i cassetti e gli armadi con lo stesso spirito, trovando il coraggio di selezionar­e. Uno scaffale vuoto può fare paura ma è il primo passo per conquistar­e leggerezza interiore e libertà».

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