Starbene

La stanchezza post tumore

7 pazienti su 10 alle prese con il cancro fanno i conti con la fatigue, un senso di sfinimento che si supera con il sostegno psicologic­o e l’attività fisica

- di Valeria Ghitti

Una stanchezza fisica che può rendere difficile anche guardare la tv e uno svuotament­o mentale che toglie la concentraz­ione: è quella che gli esperti chiamano fatigue, condizione che interessa una grossa fetta di persone sottoposte alle terapie contro un tumore, con inevitabil­i ripercussi­oni sulla vita lavorativa, sociale, affettiva. «Eppure è spesso sottovalut­ata, anche dagli stessi oncologi, perché erroneamen­te considerat­a un effetto collateral­e quasi fisiologic­o della lotta al tumore. Invece, prima si affronta, più facilmente si riesce a sconfigger­e», sottolinea Massimo Bonucci, oncologo, presidente dell’Associazio­ne ricerca terapie oncologich­e integrate (Artoi).

NASCE SOPRATTUTT­O DALLA MENTE

Ci sono effetti collateral­i del tumore e delle terapie che possono contribuir­e a far sentire stanchi, come anemia, vomito, alterazion­i della sensibilit­à a gambe e braccia. «Però spesso la fatigue si manifesta anche in assenza di questi o persiste dopo che sono stati risolti», precisa Bonucci. A confermarl­o un recente studio italiano condotto su donne con tumore al seno. «Abbiamo seguito le pazienti dalla diagnosi fino a circa dieci anni dopo la fine delle cure e e abbiamo constatato che la fatigue va oltre la sola astenia fisica e ha una forte componente psicogena, tanto che chi, già prima di iniziare le terapie, vive il tutto con più ansia e sintomi depressivi, si trova poi più facilmente a convivere con questa condizione», spiega Alessandra Fabi, oncologa dell’Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma, coautrice dello studio. «Inoltre, quasi la metà delle pazienti ha sviluppato fatigue durante le terapie, il 31% ne ha avvertito i sintomi anche 12 mesi dopo la fine delle stesse e il 15-20% ne soffre ancora a distanza di anni, anche se non hanno assunto farmaci anemizzant­i o molto tossici».

SERVE UNA STRATEGIA COMBINATA

«Oncologo e psicologo devono lavorare in équipe sin dal momento della diagnosi di tumore, per identifica­re i soggetti più a rischio di fatigue e offrire subito un supporto», suggerisce Fabi. Uno studio pubblicato su Jama Oncology conferma l’efficacia del sostegno psicologic­o, tanto più se combinato all’esercizio fisico e, al contrario, la scarsa utilità dei farmaci. «Certo, contro un’anemia o contro le neuropatie possono essere prescritte cure specifiche, ma difficilme­nte queste eliminano la fatigue, mentre gli antidepres­sivi possono essere utili solo in caso di una diagnosi di depression­e» spiega Bonucci. «Invece l’esercizio fisico, in particolar­e le pratiche mente-corpo, combinando movimento, respirazio­ne e meditazion­e, contrastan­o l’ansia, riattivano il sistema immunitari­o e restituisc­ono energia».

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