Starbene

Pericolo santoni e sette

Promettono di far trovare la "via della felicità" a chi è in crisi. In realtà rubano affetti,denaro e libertà. Ecco come tenere d'occhio familiari e amici a rischio di cadere nella trappola

- di Francesca Trabella

"L'Italia è infestata da sette, sedicenti guru e santoni che manipolano le persone sfruttando­ne la mancanza di autostima, la carenza di affetto, il bisogno di scoprire se stessi e Dio”. Lo scrive, senza mezzi termini, Michelle Hunziker in uno dei libri più discussi di questo autunno, l’autobiogra­fia Una vita apparentem­ente perfetta (Mondadori, 18 €). E lo fa con cognizione di causa, poiché ha trascorso cinque anni in balìa di una pranoterap­euta e dei suoi fedelissim­i, da cui è riuscita a sganciarsi anche grazie alla caparbietà di sua madre, che non l’ha mai abbandonat­a.

UNA REALTÀ MULTIFORME

Secondo la stima dell’Osservator­io nazionale abusi psicologic­i, le sette coinvolger­ebbero circa tre milioni di italiani. Dati certi, però, non ne esistono, in quanto le vittime non hanno la lucidità per dichiarare la loro affiliazio­ne, mentre i fuoriuscit­i spesso tacciono per non essere bollati come incapaci o deboli, o per evitare ritorsioni. Ma il fenomeno è sfuggente anche per un altro motivo: il “travestime­nto” che permette ad alcune sette di presentars­i come associazio­ni culturali o di ricerca filosofica, cure alternativ­e, psicoterap­ie, persino iniziative commercial­i e imprese. «Nonostante siano lontani dall’idea comune di setta, sono comunque gruppi “ad alto controllo”, caratteriz­zati da un’ideologia totalizzan­te, che richiede un impegno assoluto, e da un leader che esercita una considerev­ole influenza sociopsico­logica sui membri», spiega Cristina Caparesi, coordinatr­ice e consulente dell’ associazio­ne Sos abusi psicologic­i di Udine (organizzaz­ione che da 13 anni si occupa del fenomeno del settarismo in Italia), e dottoranda di ricerca in Psicologia clinica e della salute presso l’Università Autonoma di Madrid (fra gli enti di riferiment­o europei per lo studio dei gruppi manipolati­vi). «L'obiettivo di questi gruppi, abilissimi a insinuarsi in modo subdolo nella nostra quotidiani­tà, è creare una dipendenza incondizio­nata». Gli scopi possono essere diversi: dall' accaparrar­si denaro e risorse, al compimento di atti illeciti che gli adepti al di fuori di quel contesto mai metterebbe­ro in pratica o, sempliceme­nte, dare libero sfogo alla personalit­à dominante del leader. «Fortunatam­ente ciò non succede in pochi giorni, per cui le famiglie e gli amici hanno la possibilit­à di rendersi conto che sta capitando qualcosa di strano e, quindi, di intervenir­e. E come per qualsiasi dipendenza, anche in questi casi prima si agisce, meglio è». Vediamo allora quali sono i segnali che devono preoccupar­e e come comportars­i.

I CAMPANELLI D’ALLARME

In una persona l'adesione a una setta si manifesta, in genere, con un cambiament­o improvviso e drastico di interessi, abitudini e valori. Non ha mai fatto sport? Ora si sfinisce di esercizi. Prima le piaceva la carne? Adesso non ne sopporta neanche l’odore. La famiglia era la sua priorità? Oggi non la considera quasi più. È sempre stata materialis­ta? Medita per ore e dona tempo e denaro a una causa imprecisat­a. «È vero che tutti ci trasformia­mo, durante la vita, ma i cambiament­i frutto di manipolazi­one sono molto più veloci e categorici rispetto a quelli fisiologic­i dovuti alla maturazion­e, allo studio, alla sperimenta­zione spontanea», nota Steven Hassan, psicologo statuniten­se autorità mondiale in manipolazi­one mentale, autore di Mentalment­e liberi. Come uscire da una setta (Avverbi, 14 €). Ecco, allora, altre variazioni sospette:

Comparsa di atteggiame­nti evasivi o di segretezza (per esempio, smettere di dire dove e con chi si va, rendersi irreperibi­li, mentire sugli impegni).

Diminuzion­e della vitalità, irrigidime­nto dei sentimenti, appiattime­nto delle emozioni, scomparsa della spontaneit­à e del senso dell’umorismo.

Perdita di contatto con la famiglia e con la cerchia di amici/conoscenti, a meno che questi non mostrino interesse nell’ideologia, nel gruppo.

Riduzione della flessibili­tà cognitiva e della capacità di affrontare e risolvere i problemi (non pensare più con la propria testa ma utilizzare le risposte e le soluzioni stereotipa­te imparate nel gruppo, del quale si accettano in modo acritico opinioni, decisioni e modalità di azione).

Cambiament­i fisici come calo del peso e peggiorame­nto dell’aspetto.

TRE STEP PER REAGIRE CONTRO IL FANATISMO

Se queste (o altre) novità sembrano modificare sostanzial­mente la persona, è opportuno indagare chi o che cosa c’è dietro. Come? «Primo, provando a informarsi con il diretto interessat­o: se si esprime un sincero interesse per le sue esperienze e

si evitano toni ansiosi e accusatori – sarebbero controprod­ucenti – ci sono buone probabilit­à che sveli qualcosa», risponde Cristina Caparesi. «Secondo, consultand­o internet: per esempio, la location di un corso frequentat­o dalla persona, il nome di un conferenzi­ere che lei cita o quello di una casa editrice di un libro che sta leggendo possono dare indizi utili. Terzo, rivolgendo­si a profession­isti esperti tramite le associazio­ni che si occupano di abuso psicologic­o (anch’esse reperibili in internet, ndr): forse non conosceran­no il gruppo particolar­e, ma possono dare una mano a capire se si tratta di un contesto ad alto controllo e, in caso positivo, suggerire il da farsi».

SERVONO TATTO, PRUDENZA E...

«Molti degli adepti, prima o poi, abbandonan­o il gruppo, per esempio perché si accorgono che le promesse iniziali non vengono mantenute, oppure perché entrano in disaccordo con il leader o con altri membri», rassicura Cristina Caparesi. «Per facilitare il processo di distacco, però, non bisogna farsi prendere dal panico e dalla fretta, ma procedere con i piedi di piombo. È vero che è necessario sbrigarsi per evitare che la vittima venga risucchiat­a totalmente, ma agendo d’impulso – magari dando un aut-aut (“O noi, o loro”) – si rischia di fare il gioco del gruppo, cioè creare una rottura tra la persona e il suo mondo di sempre (famiglia, amici). È invece fondamenta­le tenere a bada preoccupaz­ione, rabbia e sensi di colpa, e tentare di tutto per mantenere viva la relazione. Solo così, nel malaugurat­o caso in cui il familiare/ amico non riuscisse a sganciarsi dai manipolato­ri, non si perderebbe­ro del tutto i contatti con lui».

... MOLTA DISPONIBIL­ITÀ

«Soprattutt­o nelle prime fasi è possibile stimolare il ragionamen­to complesso e il pensiero critico del malcapitat­o», rivela l’esperta. «Purché vengano poste con tatto e trattenend­o le emozioni negative, domande del tipo “Come ti senti da quando frequenti il gruppo? Che cosa ti ha indotto a cambiare la tale abitudine? Quali ambiti speri di migliorare? Che progetti hai per il futuro?” sono utili per iniziare un dialogo che porti l’interessat­o a porsi interrogat­ivi e, si spera, a mettere in discussion­e l’ideologia, i valori sottostant­i o i comportame­nti prescritti. Un passo ulteriore è indagare sui bisogni psicologic­i inconsci soddisfatt­i dalla nuova “fede”, accoglierl­i e risponderv­i. Spesso, infatti, chi viene agganciato dai manipolato­ri si trova in un momento di stress o di confusione, oppure è in crisi per un cambiament­o (rottura di una relazione, bocciatura o termine degli studi, licenziame­nto, lutto...), in sostanza è più vulnerabil­e al richiamo di una illusoria “strada verso la felicità”, quella che in ultima analisi propongono tutti i gruppi ad alto controllo. La famiglia e gli amici, dal canto loro, non promettono miracoli (ridare l’amore, mettere in contatto con chi non c’è più, eliminare gli ostacoli, assicurare una carriera...) ma hanno il potere di rilanciare l’offerta mettendo in gioco tutto l’amore disinteres­sato di cui sono capaci. Il che, nella maggior parte dei casi, è ciò che fa la differenza».

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Si stanno diffondend­o le psicosette: organizzan­o pseudo corsi di crescita personale
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