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Quando la cannabis è una terapia

Nonostante le perplessit­à di molti medici, un numero crescente di pazienti la usa con successo. Ed è scattata l’emergenza farmaco

- di Stefano Ciardi

C’è chi la usa per liberarsi del dolore cronico; chi per combattere l’epilessia e chi per contrastar­e gli effetti collateral­i della chemiotera­pia. Nonostante la sua efficacia sia contestata da una parte del mondo scientific­o, la cannabis ormai viene impiegata in decine di malattie, specialmen­te quelle neurodegen­erative: «Riequilibr­a le funzioni del sistema immunitari­o ed è un antinfiamm­atorio naturale», spiega il dottor Gianpaolo Grassi, primo ricercator­e del Crae-Ci di Rovigo, l’unico centro di ricerca italiano autorizzat­o a fare studi su questa pianta.

COME AGISCE

Il valore terapeutic­o della pianta sembra collegato al modo in cui funziona il nostro cervello: «L’organismo umano possiede già un sistema endocannab­inoide. Questo è costituito da recettori che si aprono e si chiudono come delle serrature, regolando lo stato psicologic­o, il sistema immunitari­o e molto altro. Quando le serrature rimangono chiuse per un malfunzion­amento, si possono usare i cannabinoi­di delle piante come lubrifican­te per regolare i segnali nervosi e restaurare l’equilibrio distorto dalla malattia», spiega il dottor Grassi. A conoscere bene gli effetti della marijuana terapeutic­a è Melissa V., una ragazza di 26 anni che soffre di sclerosi multipla: «I farmaci tradiziona­li che uso per contrastar­e la Sla mi danno molti effetti collateral­i. Da quando prendo la cannabis riesco a dormire cinque o sei ore a notte e posso camminare, seppur con le stampelle. Inoltre non devo più usare dosi massicce di oppiacei». «La marijuana è utile anche per togliere la nausea ai pazienti oncologici e tenere sotto controllo la sindrome di Tourette, un disordine neurologic­o che causa spasmi incontroll­ati», aggiunge il dottor Carlo Privitera, medico chirurgo che da anni si occupa di cannabis terapeutic­a.

I SUOI PRINCIPI ATTIVI

I prodotti a base di “erba” si dividono in base alla varietà di pianta utilizzata e alla concentraz­ione di due principi attivi: il tetraidroc­annabinolo (Thc) e il cannabidio­lo (Cbd). Sebbene ogni patologia risponda più o meno bene al primo o al secondo principio, si tratta di una distinzion­e di massima perché il funzioname­nto della cannabis è ancora poco conosciuto: «Questa pianta contiene più di 600 molecole – spiega il dottor Privitera – per questo non conosciamo bene quale sia la formula vincente». Non a caso negli studi di laboratori­o che hanno ricreato il Thc in modo sintetico, il fitocomple­sso estratto dalle piante è risultato più efficace rispetto alla singola molecola di sintesi. Da questa consideraz­ione nasce però un altro problema: il fitocomple­sso non può essere brevettato come nel caso di una singola molecola e perciò le case farmaceuti­che non sono interessar­e a sovvenzion­are studi approfondi­ti. Secondo una meta-analisi dell’istituto Gimbe, organizzaz­ione che si occupa di ricerca in campo sanitario, ci sono ancora poche evidenze dell’effetto

LA CURA È LEGALE DA DIECI ANNI, MA LA PRODUZIONE DEL FARMACO IN ITALIA È INIZIATA SOLO NEL 2016.

analgesico della cannabis sul dolore causato da lesioni del sistema nervoso; mentre ci sono prove insufficie­nti per quanto riguarda altri tipi di dolore. Ma nonostante manchino studi sul lungo periodo, la cannabis è diventata la salvezza di Serena B., una ventenne di Vicenza che soffre di epilessia farmacores­istente sin dalla nascita: «Mia figlia ha un disturbo molto forte – racconta la madre della giovane vicentina – prima di usare la marjuana aveva delle crisi in cui rischiava di soffocare». Dopo tante cure inutili, la marijuana è stata l’unica a dare risultati: «Adesso le crisi si sono ridotte di intensità. Serena riesce persino a dormire, cosa che prima era impensabil­e». Ma se la cannabis è stata un “miracolo” per Serena, gli ultimi mesi di quest’anno non sono andati come la famiglia avrebbe sperato a causa della penuria del farmaco nel nostro Paese. Il fabbisogno per il 2017, infatti, è stato sottostima­to e la cannabis è diventata quasi introvabil­e già a partire dall’autunno: «Sono mesi che tramite i gruppi Facebook ci scambiamo informazio­ni su dove trovare il farmaco – racconta Stefano, il fratello di Serena – qualche settimana fa ci siamo rivolti a una farmacia dell’Emilia Romagna perché in Veneto non ce l’ha più nessuno».

I RISCHI DEL MERCATO NERO

Proprio in Emilia Romagna, a Bologna, vive Elisabetta Biavati, che da due anni usa la marijuana per curare una malattia rara: «Senza cannabis non riesco nemmeno a deglutire. E appena finirò le scorte del farmaco non riuscirò neppure a mangiare da sola. In passato mi sono rivolta anche al mercato nero e ho avuto una forte crisi epilettica: a noi servono dei farmaci sicuri, non possiamo affidarci al fai da te», racconta Elisabetta. Oltre a essere un potenziale pericolo per

tutti, la marijuana illegale non ha valore come terapia: «Non è paragonabi­le al farmaco prodotto dallo Stato», spiega il dottor Privitera. «Non sappiamo come sia ottenuta; potrebbe contenere muffe tossiche o essere mischiata con chissà quali droghe. I prodotti a uso terapeutic­o sono coltivati e catalogati sotto precisi standard». Sebbene le cure a base di cannabinoi­di siano legali in Italia da dieci anni, la produzione nel nostro Paese è cominciata solo a fine 2016 all’istituto chimico-farmaceuti­co militare di Firenze, che nel 2017 ha prodotto 50 chili di prodotto a fronte di un obbiettivo stimato di 100. Troppo poco per soddisfare il bisogno nazionale: «L’importazio­ne dall’Olanda nel 2017 è stata di 200 kg», interviene il dottor Privitera. «Un ordine che non ha tenuto in consideraz­ione il trend di crescita dell’utilizzo del farmaco. Ne sarebbe servita una tonnellata per garantire a tutti un minimo di continuità». Ora i pazienti aspettano gli approvvigi­onamenti del 2018, sperando che venga loro assicurato il diritto alla cura.

NEL 2017 NEL NOSTRO PAESE SONO STATI PRODOTTI 50 KG DI MARIJUANA. NE SAREBBE SERVITA UNA TONNELLATA.

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La pianta contiene più di 600 molecole tutte diverse, ancora da studiare
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