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IL TUMORE AL SENO GENETICO NON È PIÙ “CATTIVO” DEGLI ALTRI

- R.B.

Una ricerca ha sfatato la convinzion­e diffusa che la forma genetica del tumore al seno sia molto più aggressiva delle altre, portando a morte sicura. Lo studio, dell’università di Southampto­n, pubblicato su The Lancet, ha monitorato 2700 donne con tumore mammario, 330 delle quali affette dalla forma imputabile a mutazioni di due geni: il Brca1 e il Brca2. «Essere portatrice del primo espone a un rischio di ammalarsi otto volte superiore», spiega la dottoressa Antonella Savarese, responsabi­le dell’ambulatori­o di consulenza onco-genetica per i tumori femminili dell’Istituto oncologico Regina Elena di Roma. «In pratica, chi ne è portatrice ha il 70% di probabilit­à di sviluppare un tumore al seno nel corso della sua vita, e il 40% di incorrere in quello all’ovaio. Chi, invece, possiede la mutazione Brca2 ha il 50% di probabilit­à di essere colpita al seno e circa il 30% all’ovaio». I dati, quindi, sono molto sfavorevol­i per le donne che hanno ereditato questo pesante marchio familiare. Ma lo studio di Southampto­n fornisce una nota positiva: se si ammalano, hanno la stessa probabilit­à di guarire delle donne che hanno un tumore di tipo “non genetico”, se preso allo stesso stadio iniziale. Quanto alla possibilit­à di giocare la carta della chirurgia profilatti­ca, asportando seno e ovaio a titolo preventivo (come ha fatto Angelina Jolie), spetta alla donna decidere, supportata da un’équipe multidisci­plinare composta da oncologo, radiologo e psicologo. «In genere le giovani l’accettano volentieri perché sanno che abbatte del 95% il rischio di incappare nel tumore al seno e del 97% quello dell’ovaio», spiega Savarese. «Altrimenti, hanno una vita scandita da controlli serrati, ogni sei mesi».

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