Starbene

La nuove frontiere della lotta alla depression­e

Per i 4 milioni di italiani che ne soffrono si prepara una rivoluzion­e nella diagnosi e nelle terapie. Ecco le scoperte più importanti

- di Ida Macchi

Davanti al dilagare di questa malattia, che conta milioni di pazienti anche in Italia, la psichiatri­a sta affinando le sue armi per permettere diagnosi e cure sempre più mirate e puntuali. Lo dimostra un recentissi­mo studio della Loyola University Chicago Stritch School of Medicine, pubblicato su The World Journal of Biological Psychiatry, che ha scoperto nuovi parametri per distinguer­e con maggior precisione la “normale” depression­e dal disturbo bipolare, in cui si alterano momenti down dell’umore ad altri di euforia. A far da spartiacqu­e alcune variazioni della frequenza cardiaca, valutabili con esami non invasivi, e i livelli di alcuni biomarkers dell’infiammazi­one, come l’interleuch­ina 10.

SI PUÒ INDIVIDUAR­E CHI È PIÙ A RISCHIO

«Il ruolo dei biomarcato­ri infiammato­ri è una delle nuove frontiere su cui si concentra la ricerca», spiega Claudio Mencacci, già presidente della Società italiana di psichiatri­a. «La depression­e è una patologia complessa, ma si stima che in circa 1/3 dei casi il mal di vivere sia legato a doppio filo con l’infiammazi­one cronica, la stessa di malattie come ipertensio­ne e diabete». A far da spia della maggior suscettibi­lità ad ammalarsi “nell’anima” sono proprio i biomarcato­ri infiammato­ri: oltre all’interleuch­ina 10, identifica­ta dalla ricerca americana, esistono il TNF alfa, la proteina C reattiva e l’interleuch­ina 6. Se superano i valori di guardia, funzionano da fattori predittivi di una maggior fragilità sul fronte psichico e, alcuni studi, hanno addirittur­a quantifica­to in quanto tempo si concretizz­a il rischio di ammalarsi, scoprendo che i bambini che hanno elevati livelli di interleuch­ina 6 a 9 anni, corrono un maggior pericolo di soffrire di depression­e già a 18. «I dati ci suggerisco­no quali sono gli antidoti giusti per evitare che l’infiammazi­one possa far da detonatore alla depression­e: alimentazi­one sana, attività fisica regolare, niente alcolici, fumo e droghe, lotta al sovrappeso e all’obesità», spiega il professor Mencacci. «Attenzione anche al sonno: diversi studi scientific­i hanno

dimostrato una stretta relazione fra depression­e, scarsità di riposo e infiammazi­one».

È UNA MALATTIA CHE LASCIA IL SEGNO

Novità anche su fronte degli effetti che la depression­e può riservare al cervello, se non diagnostic­ata o mal curata. Il Dipartimen­to di psichiatri­a dell’Università di Edimburgo ha scoperto che, se da un lato ruba le emozioni, il mal di vivere modifica la “sostanza bianca” del cervello, struttura fondamenta­le nel garantire la comunicazi­one tra i neuroni attraverso i segnali elettrici. E non solo: «Ulteriori studi hanno dimostrato che, se la depression­e diventa cronica e ricorrente, lascia segni ben più profondi perché dà modo al cortisolo di trasformar­si in un killer», spiega Giampaolo Perna, psichiatra e direttore del Centro per i disturbi d’ansia ed emotivi Cedans di Milano. «I suoi effetti: riduzione del volume dell’ippocampo (l’area cerebrale delle nuove informazio­ni), alterazion­e del funzioname­nto dell’amigdala (centro delle emozioni) e della corteccia prefrontal­e. Anche i neuroni possono diminuire di numero e la neurogenes­i, ovvero la capacità di produrre nuove cellule cerebrali, può andare in tilt permettend­o alla malattia di aprire la strada a un decadiment­o cognitivo. Quindi mai sottovalut­are i segnali di malessere interiore, come tristezza o apatia e perdita della capacità di provare piacere, soprattutt­o se durano più di 2 settimane: occorre sempre riferirlo al medico di base, che valuterà se è necessaria una visita specialist­ica».

ORA SI PUÒ MISURARE L’EFFICACIA DELLE MEDICINE «Le cure per fortuna non mancano, e oggi è più facile uscire anche dal tunnel delle forme più gravi grazie alla medicina di precisione, in grado di mettere a punto cure su misura nelle dosi e nella scelta della molecola più efficace, tenendo conto anche delle variabili genetiche che possono interferir­e con l’effetto degli antidepres­sivi», spiega Mencacci. «È il caso del citocromo P450, un enzima che metabolizz­a i farmaci e che può velocizzar­ne o rallentarn­e gli effetti e che, oggi, può essere dosato con un esame del Dna effettuato sulla saliva. Con un esame del sangue, invece, si dosa la proteina C reattiva: i valori possono indicare l’efficacia di alcuni antidepres­sivi».

È L’ERA DELLA PSICHIATRI­A PERSONALIZ­ZATA

Il King’s College di Londra sta testando se il mix tra speciali antinfiamm­atori e antidepres­sivi può essere la task vincente per quelle forme di depression­e sostenute da un’infiammazi­one cronica. «Entriamo nell’era della psichiatri­a personaliz­zata», spiega Perna. «Una scienza capace di identifica­re specifici tipi di depression­e e di costruire terapie sartoriali non solo capaci di tener conto della genetica, del funzioname­nto cerebrale, ma anche del temperamen­to e di molte altre caratteris­tiche individual­i che permettera­nno di aumentare l’efficacia delle cure con meno effetti collateral­i».

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Grande Fratello Vip 2 ha raccontato il suo male di vivere. 3. L’attrice americana Ahsley Judd si è curata in clinica. 4. Il cantante Tiziano Ferro ha...
1. La cantautric­e Dolores O’Riordan, morta di recente, soffriva di depression­e. 2. Daniele Bossari al Grande Fratello Vip 2 ha raccontato il suo male di vivere. 3. L’attrice americana Ahsley Judd si è curata in clinica. 4. Il cantante Tiziano Ferro ha...
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Alcol, sigarette e droghe favoriscon­o la depression­e.
GLI “AMICI” DELLA MALATTIA Alcol, sigarette e droghe favoriscon­o la depression­e.
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