Che bella l’atletica!
Definita “la regina degli sport”, può essere praticata a partire dall’età scolare. Anche come disciplina propedeutica
Correre, saltare, lanciare: a quale bambino non viene naturale fare questi movimenti? È così che si comincia a fare atletica. Una disciplina molto varia (permette di sperimentare diversi tipi di corsa, dalla velocità al mezzofondo, passando dal salto in alto a quello in lungo), che piace sempre di più ai giovanissimi. «Oggi nel nostro Paese abbiamo 45 mila tesserati under 12 iscritti a una delle 2700 società italiane. E la buona notizia è che, ogni anno, aumentano del 3%», spiega Stefano Baldini, ex campione olimpionico di maratona e oggi direttore tecnico del settore giovanile della Federazione italiana atletica leggera (fidal.it).
MEGLIO DOPO I 6 ANNI
Ma qual è l’età giusta per portare i bambini in pista? «L’ideale è iniziare a 6 anni, ed è uno sport che consiglio a tutti, compresi i bambini un po’ in sovrappeso o quelli magrolini, perché implica un allenamento completo, che getta le basi per poter praticare in futuro ogni disciplina», chiarisce l’esperto. Il primo anno si procede a piccoli passi: «In genere l’impegno è di un paio di volte a settimana, in cui gli istruttori propongono esercizi di base e brevi circuiti o giochi con la palla che stimolano equilibrio, agilità e velocità. Poi, a mano a mano, gli allenamenti si fanno più mirati e i ragazzi cominciano a provare un po’ di tutto, dal salto in lungo alla staffetta fino al salto in alto. Per specializzarsi però c’è tempo, è un errore farlo presto. In genere questo succede quando entrano nella categoria Cadetti (a 14-15 anni, vedi box in basso), fase in cui possono anche iniziare a cimentarsi nelle prove multiple di decathlon o di eptathlon, che prevedono l’impegno in discipline diverse», continua Stefano Baldini.
INDIVIDUALE, MA ANCHE DI SQUADRA
L’atletica ha anche altri requisiti che la rendono un’attività unica: «Il primo è che, a parte i 2 o 3 mesi più freddi, gli atleti si allenano sempre all’aperto. E questo, contrariamente ai timori di molte mamme, aiuta a essere resistenti ai raffreddori», assicura l’esperto. Ma c’è anche un beneficio psicologico dovuto al fatto che è uno sport di squadra e individuale allo stesso tempo: «Perché ogni atleta fa la sua gara, imparando a concentrarsi e a dare il massimo per vincere. Ma può anche partecipare in team alle staffette. E, in generale, gareggia per la sua società», conclude Baldini.