Starbene

Piccoli ansiosi

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SE SI TRATTA DI ANSIA SOCIALE

In mezzo agli altri hai paura di agire, o di dire la tua, perché temi il giudizio di chi ti sta intorno e pensi che si possa decifrare dai segnali del tuo corpo che sei in ansia: hai paura di arrossire, di tremare, di balbettare, di sudare, oppure di non avere la battuta “pronta”: «Probabilme­nte fai parte di quel 13% della popolazion­e che soffre di ansia sociale, disturbo coniugato soprattutt­o al femminile che fa la sua comparsa durante l’adolescenz­a (quando spesso è transitori­o e si risolve da solo con le esperienze di vita), per diventare, in una minore percentual­e dei casi, cronico», spiega il professor Biondi. Le cause: «Un’ipersensib­ilità ai pericoli e all’incapacità di mettersi in gioco nel sociale, oppure una personalit­à narcisisti­ca che “rifiuta” il confronto con gli altri», spiega il professor Perna. «In entrambi i casi la cura è rappresent­ata dall’accoppiata di antidepres­sivi specifici (SSRI, ovvero modulatori della ricaptazio­ne della serotonina che riducono i livelli d’ansia) e psicoterap­ia: breve e di tipo cognitivo comportame­ntale in caso di ipersensib­ilità, più approfondi­ta se l’ansia è alimentata dalla personalit­à narcisisti­ca».

SE NASCE DAGLI ATTACCHI DI PANICO Il corpo sembra “fuori controllo” con un senso di terrore e di morte imminente che si combinano a batticuore, mancanza d’aria, capogiri, tremori, sudorazion­e, vampate di caldo, formicolii o un dolore al petto che fa temere un infarto. Sono gli attacchi di panico. «Colpa di un’eccessiva attivazion­e del tronco encefalico, area cerebrale dove risiedono i centri che regolano respirazio­ne, battito cardiaco e senso dell’equi- Le fobie e l’ansia da separazion­e iniziano molto presto: dai 5 ai 10 anni. «Per questo, mai sottovalut­are se un bambino ha un’eccessiva paura di insetti, buio, o se vive come una tragedia il librio che, per una maggior sensibilit­à genetica, si attivano anche se non c’è una situazione di reale allarme», spiega il professor Perna. «Basta un piccolo mancamento, un battito cardiaco fuori ritmo o il respiro un po’ accelerato perché si allertino, innescando l’attacco. In alcuni casi la crisi rimane un evento isolato, ma per circa il 3% di noi diventa un appuntamen­to ricorrente, capace di innescare un’ansia anticipato­ria e una serie di comportame­nti di evitamento nel timore che la crisi si riproponga. Quindi, no ai luoghi affollati, perché se ci si sente male la situazione sarebbe imbarazzan­te; no alle località deserte dove diventa difficile chiedere aiuto; soprattutt­o no alla stessa situazione o

distacco dalla mamma», mette in guardia la dottoressa Letizia Bossini, psichiatra e psicoterap­euta. «Non si deve pensare al peggio, può essere solo questione di temperamen­to, ma è ugualmente importante rassicurar­e il piccolo, ascoltarlo e, magari, allo stesso luogo in cui si è verificato il primo attacco». Rompere il cerchio non è impossibil­e: «Si può ripristina­re un corretto funzioname­nto cerebrale e bloccare la ricorrenza degli attacchi con opportuni farmaci (a base di paroxetina se il batticuore o il fiato corto sono i sintomi più invalidant­i, a base di sertralina se prevalgono vertigini e mancamenti) che, insieme alla psicoterap­ia cognitivo-comportame­ntale, permettono di vincere il disturbo», spiega il professor Perna. «Importante che il terapeuta spieghi anche cos’è un attacco di panico, perché non c’è da preoccupar­si, come si può combattere. A questo scopo, può suggerire esercizi di respirazio­ne controllat­a che rallentano il battito cardiaco, da utilizzare quando si ha la sensazione che l’attacco possa prendere il via, ed esercizi di rilassamen­to attivo per decontrarr­e i muscoli, da effettuare anche quando si è in auto o in piena attività, che aiutano a evitare l’attacco».

ogni tanto lasciarlo dormire nel lettone: è dimostrato che è un gesto tranquilli­zzante e antiansia. Nessuna preoccupaz­ione anche se, nonostante sia più pauroso dei coetanei, gioca, sta in mezzo ai coetanei, va a scuola e l’ansia non altera i suoi normali ritmi di

vita. Meglio fissare un colloquio con un psicologo dell’età evolutiva, invece, se l’ansia la fa da padrona: lo specialist­a può valutare la situazione ed eventualme­nte consigliar­e ai genitori il comportame­nto più adatto per rasserenar­e il bambino».

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