In Italia mancano 20.000 infermieri. Perché?
L’allarme è stato lanciato al primo Congresso della Federazione nazionale degli ordini professionali infermieristici (Fnopi), che si è tenuto a Roma lo scorso 5 marzo. Tra il 2009 e il 2016, ultimo anno censito dalle statistiche, la Sanità pubblica ha perso 12.000 infermieri, andati in pensione ma non sostituiti per il cosiddetto blocco del turnover, quel meccanismo per cui un dipendente pubblico che esce non viene rimpiazzato da un nuovo ingresso (e che solo quest’anno inizia ad allentarsi). Oggi lavorano circa 265.000 infermieri (il 75% donne), quasi tutti impegnati su turni (il 68% lavora di domenica e il 57% una notte al mese) e con frequente ricorso agli straordinari. Però la situazione è precaria. Con un organico del genere non si riesce a rispettare il Regolamento Ue che impone a questi lavoratori 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. E considerando l’aumento dell’aspettativa di vita, in futuro ci saranno sempre più persone con patologie croniche in ospedale, ma anche nelle residenze sanitarie o bisognose di assistenza domiciliare. La Fnopi stima un fabbisogno di almeno 20.000 nuovi infermieri entro il 2021 per raggiungere un livello accettabile, ma per un servizio ottimale, pari a un infermiere ogni 6 pazienti in ospedale (oggi siamo intorno agli 11) ne servirebbe addirittura il triplo. Risultati possibili solo se il futuro Governo decidesse di invertire la rotta e recuperare risorse per tornare a investire sul personale nella Sanità.