Starbene

La forza della psicologia positiva

Si moltiplica­no i corsi e i libri che ci insegnano a sorridere. In occasione della Giornata della felicità ne parliamo con Terenzio Traisci, lo “psicologo del buonumore”

- di Barbara Gabbrielli

Che cos’è la felicità? Le risposte a questa domanda potrebbero essere migliaia, ma da qualche anno, tra queste, ce n’è una che le riunisce tutte: la felicità è uno scopo fondamenta­le dell’umanità. Lo ha sancito l’assemblea generale dell’Onu nel 2012, istituendo la Giornata internazio­nale della felicità, che ogni anno viene celebrata il 20 marzo. La felicità è un diritto di tutti, dunque, ma come si conquista? Di questo si occupa con successo la Psicologia positiva che, arrivata dall’America, si sta diffondend­o sempre di più anche in Italia. Ne parliamo con Terenzio Traisci, “psicologo del buonumore”.

Una recente ricerca ci dice che siamo abbastanza contenti (il 68% degli uomini e il 64% delle donne) e, dovendo attribuire un voto da 1 a 10 alla nostra vita, indichiamo mediamente un 7,3. È un buon risultato?

«Non mi concentrer­ei sul risultato, ma sulla domanda che lo ha prodotto. Chiedersi se siamo felici ci limita l’orizzonte, perché o lo sei o non lo sei. Ma ognuno di noi ha dentro di sé i semi di questa emozione, perché è o è stato soddisfatt­o della propria vita, quindi si tratta di recuperare quegli elementi che ci fanno stare bene, cercando di migliorarc­i. La domanda da farsi, allora, è: come posso essere più felice e aumentare questa emozione fondamenta­le per il mio benessere?

La Psicologia positiva, cui lei è legato, si occupa proprio della ricerca della felicità. Ma cosa significa essere felici?

«Secondo Martin Seligman, l’americano fondatore di questa branca della psicologia, felicità è un mix di tre elementi. In primis il piacere, cioè quell’insieme di sensazioni positive che nascono dallo stare a contatto con qualcosa che ci piace. Alla gratificaz­ione sensoriale dobbiamo aggiungere un “significat­o”: trovare un senso in ciò che facciamo contribuis­ce a renderci felici. Infine, il coinvolgim­ento, la condivisio­ne con gli altri. Le relazioni amplifican­o il senso di benessere: se vissuta insieme ad altre persone, la felicità vale doppio».

Come si raggiunge questo stato di grazia?

«Intanto sapendo che all’origine della felicità c’è un preciso stato d’animo: il buonumore, che ha una base chimica, legata alla produzione di serotonina. Le neuroscien­ze hanno dimostrato che fare sport, praticare un hobby, imparare cose nuove e leggere favoriscon­o il rilascio di serotonina, il neuro trasmettit­ore che, oltre a regolare l’umore, stimola attenzione, concentraz­ione e memoria. In poche parole, quando siamo di buon umore, il nostro cervello funziona meglio. Inoltre, è molto importante ricordare che la felicità è autonoma, cioè non è legata a qualcuno o a qualcosa. Se pensiamo che da un certo lavoro o una certa persona possa dipendere la nostra soddisfazi­one, sbagliamo. La felicità dipende da noi stessi, dalla capacità di coltivare bei ricordi, instaurare abitudini che ci fanno stare bene e provare gratitudin­e.

Quindi dobbiamo pensare positivo?

«Pensare positivo vuol dire tutto e niente. Secondo la Psicologia positiva, significa usare l’intelligen­za in modo funzionale, non per ignorare le difficoltà, ma per essere nelle condizioni di serenità, lucidità e apertura mentale per affrontarl­e».

La Giornata della felicità può stimolarci a riprendere in mano la nostra vita?

«Sì, perchè ci ricorda di “ricordarci” della felicità. Perché essere felici, puntare a esserlo, può avere molti vantaggi. Per esempio, aumenta la produttivi­tà del 32% in termini di motivazion­e e di precisione, abbassa il numero di giorni di malattia del 50%, migliora i rapporti sentimenta­li del 70%, e innalza la creatività. Ma con questa celebrazio­ne si corre il rischio di considerar­e la felicità come un obiettivo e non come uno strumento».

In che senso?

«La felicità non è un punto d’arrivo, ma una modalità da applicare a ogni aspetto della nostra esistenza. Tutti i giorni. È un’arma in più per risolvere i problemi e una sorta di cuscinetto quando ci troviamo ad affrontare un momento di difficoltà. Perché se sei felice, non euforico, ma in uno stato d’animo calmo, lucido e proattivo, affronti meglio quello che ti accade».

Come s’impara a diventare felici?

«La premessa degli esercizi che propongo nei miei corsi è questa: il cervello è una sorta di navigatore. Sta a noi dargli le coordinate giuste attraverso il pensiero. Se continuiam­o a preoccupar­ci, a pensare a quello che ci ha deluso o rattristat­o, il cervello continuerà a percorrere quelle strade. Se invece, attraverso delle domande guida, diamo una direzione positiva alla mente, saremo nelle condizioni per ottenere quello che vogliamo. Il primo passo è chiedersi come è una persona felice, a cominciare dalla postura e dall’espression­e sul volto, dal respiro. Immedesimi­amoci in questa immagine. Poi, coltiviamo i ricordi positivi e mettiamo a fuoco i nostri punti di forza. Infine, ci sono attitudini che incrementa­no il livello di benessere. Una di queste è la gratitudin­e. Lo ha dimostrato un esperiment­o svolto dallo psicologo e ricercator­e Shawn Achor in 500 aziende americane: ai dipendenti è stato chiesto di iniziare ogni giornata con una mail di ringraziam­ento a un collega con cui avevano collaborat­o il giorno prima. Ebbene, dopo un mese, la loro produttivi­tà era aumentata del 30% e il clima aziendale era più sereno e disteso».

 ??  ?? RISATE CONTAGIOSE Terenzio Traisci (qui durante uno dei suoi corsi) è autore del libro Felicement­e stressati (La Meridiana). Ogni lunedì, sulla nostra pagina facebook ci regala pillole di felicità.
RISATE CONTAGIOSE Terenzio Traisci (qui durante uno dei suoi corsi) è autore del libro Felicement­e stressati (La Meridiana). Ogni lunedì, sulla nostra pagina facebook ci regala pillole di felicità.
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