La manipolazione che fa del bene
Non è sempre una manovra ingannevole e cattiva. L’altra faccia di questo comportamento si chiama persuasione e diplomazia. Ed è un’arte che vale la pena imparare
Oggi ti sei offerta di aiutare il capoufficio a sbrigare alcune pratiche perché vorresti fosse bendisposto nei tuoi confronti: ti serve qualche giorno di ferie per aiutare tua sorella a fare il trasloco e, vista la tua generosa disponibilità, sarà difficile che ti opponga un rifiuto... Anche quando a casa si decide la meta delle vacanze, riesci sempre ad avere la meglio con tuo marito: lui vorrebbe la montagna, ma tu ricordi che per la tua allergia fa bene il mare... Con tua figlia, invece, funzionano gli innocenti ricatti: se accetta di andare a fare la spesa, chiudi un occhio sulle sue spese per il cellulare.
Sei brava a trovare strategie per far fare agli altri quello che vuoi tu? In una parola, sei una manipolatrice. In senso buono, però. Infatti, come nelle fiabe esistono la magia nera e bianca, la manipolazione – che tutti associamo a un comportamento molto negativo – ha un “volto” positivo: lo sostiene Cristophe Carré, coach, mediatore professionale e autore del nuovo libro Le armi nascoste della manipolazione (Urrà Feltrinelli editore), un pamphlet sulla persuasione. Conoscerne i meccanismi è importante: per disinnescarli, quando ne siamo oggetto, ma soprattutto per farne buon uso.
È UNA PACIFICA MEDIAZIONE Secondo Carré, la netta divisione tra manipolatori malvagi e manipolati ingenui è un po’ semplicistica, proprio perché a tutti capita di trovarsi da una parte o dall’altra e non sempre con intenzioni cattive: si può manipolare per ignoranza, per goffaggine, per conoscere i limiti dell’altro, come fanno i bambini quando scoppiano a piangere finché non ottengono la merendina o il gioco desiderato. Perciò è meglio distinguere tra manipolazione tossica e manipolazione benevola: fondamentale elemento di differenza è l’intenzione, ovviamente. La mamma che promette al figlio che, se farà tutti i compiti senza protestare, avrà in premio un pranzo al fast food non è certo un’aguzzina sadica: usa un’arma di convinzione che sa essere efficace per il bene del ragazzino, senza arrivare allo scontro. «Possedere una certa abilità manipolatoria e saperla dosare è un bene», conferma Pamela Minelli, psicologa e psicoterapeuta del Centro di psicologia clinica di Milano. «Tutti cerchiamo, almeno in parte, di ottenere dagli altri
SI GIOCA TUTTO SUL POTERE DELLE PAROLE PER FARE CAMBIARE ALL’ALTRO GIUDIZIO O COMPORTAMENTO.
ciò che desideriamo. E la capacità di comunicare e di influenzarli in modo persuasivo è positiva. Diverso è il caso di quando ciò che vogliamo ottenere dall’altro va a suo discapito: ed è questa l’essenza della manipolazione tossica, una strumentalizzazione tanto spinta che chi ne è vittima concentra tutte le sue energie per soddisfare le richieste del manipolatore, perdendo di vista il suo bene». Tra persuasione e coercizione, ovvio, c’è tutta la differenza di questo mondo.
È RICERCA DI UN VANTAGGIO PER L’ALTRO L’obiettivo primario della manipolazione benevola, comunque, è lo stesso di quella tossica: un comportamento – più o meno consapevole, e non basato sulla forza, ma solo sul potere delle parole – che serve per far cambiare un giudizio o un comportamento in una direzione che, secondo noi, è più vantaggiosa. Ma se nella manipolazione tossica il beneficiario siamo solo noi stessi, e consideriamo i mezzi per arrivarci tutti leciti (compreso l’inganno, la leva sui sensi di colpa, l’occultamento delle informazioni, la violenza psicologica, la pubblicità occulta, le false promesse elettorali, il risparmio sul prezzo solo apparente ...), nella manipolazione benevola possiamo anche mirare ad avvantaggiare l’altro. Proprio come fa il papà che finge che il cucchiaio con la pappa sia un elicottero così che il bambino spalanchi la bocca o il medico che al paziente ipocondriaco prescrive un innocuo integratore con effetto placebo. «Anche nella coppia, soprattutto nella fase dell’innamoramento, c’è una forma benevola di manipolazione», sottolinea Pamela Minelli. «Si tende a essere molto compiacenti, generosi, attenti all’altro che diventa il centro di tutto. Ci si sforza di presentarsi al meglio, fisicamente e nei modi di fare». Perché, è chiaro, si vuole “conquistare” l’altro, si vuole ottenere il suo amore. Ma, nello stesso tempo, siamo persuasivi anche perché amiamo l’altro e desideriamo la sua felicità. Un comportamento “manipolatorio” che dovremmo ricordare e recuperare nei momenti di stanca o di crisi di coppia. Più in generale, la seduzione – per guadagnarsi nuove amiche, ma anche la simpatia dei colleghi o dei i compagni del corso di ballo o di cucina - è una forma di manipolazione benevola: «Tipica della personalità istrionica, quando cerchiamo di farci benvolere, di essere attraenti, di presentarci al nostro meglio, di “nascondere” i nostri difetti: stiamo cercando di convincere l’altro che vale la pena continuare a frequentarci, darci fiducia e non isolarci nel gruppo», conclude Pamela Minelli. «Tutto questo è ben diverso dalla manipolazione tossica del ricatto emotivo verso il partner, per descrivere una situazione diffusa», nota la psicologa. «Per esempio, quando con la minaccia di lasciarlo lo si induce ad accettare azioni che non sono nella sua natura».
ne benevola è possibile per tutti perché, semplicemente, già manipoliamo e veniamo manipolati quando interagiamo con gli altri. Dobbiamo solo decidere di applicarla nel modo più etico, onesto ed efficace possibile. Innanzitutto facendoci qualche domanda: qual è la mia intenzione nel voler manipolare qualcuno? Per quale fine? Servirò prima di tutti i suoi interessi? Migliorerò la qualità del nostro rapporto? Quali strumenti voglio usare? E perché è meglio che non le parli in maniera più diretta? Aiutare un bambino, un amico, un familiare a liberarsi di una dipendenza – alcol, fumo, gioco, abuso del tablet o della tv...– o a cambiare le sue abitudini alimentari – sono esempi di manipolazione benevole; così come lo è spaventare un’adolescente perché pretenda sempre dal suo ragazzo il preservativo, convincere la nonna ad assumere le medicine all’ora giusta, incoraggiare i lavoratori a usare le dotazioni di sicurezza, fare in modo che l’amica mollata dal fidanzato che sta chiusa in casa tutto il giorno esca finalmente per una serata, indurre il ragazzino a sistemare la sua camera, cercare strategie di dialogo e compromesso per evitare di finire sempre di litigare con il partner...
QUANDO SEI TU L’OGGETTO
È chiaro quindi che tutte le forme di manipolazione mirano a ottenere qualcosa dagli altri, ma non possiamo trattare allo stesso modo chi ci manipola per una buona causa e chi ci sta usando per il suo interesse o per dominarci.
Carré suggerisce come guida una massima del filosofo Immanuel Kant: “Agisci in modo da trattare l’umanità sempre come un fine e non come un mezzo”: questo ci permette di distinguere quelle situazioni in cui veniamo usati come uno strumento o un oggetto da qualcuno da quelle in cui siamo considerati persone degne di rispetto e amore, col diritto di avere ed esprimere le nostre idee ma, magari, ci viene offerta la possibilità di considerare un evento sotto una prospettiva diversa. Quando ci accorgiamo di essere manipolati, è importante scoprire in quale tipo di manipolazione siamo caduti per sapere come comportarci con la persona che abbiamo di fronte: l’obiettivo della manipolazione benevola è dolce e premuroso, la persona manipolata non è considerata come un oggetto, ma come un soggetto e il meccanismo manipolativo è messo in atto a nostro vantaggio. In fondo, ricordiamoci sempre che, se mamma e papà non ci avessero manipolati al momento della pappa, non saremmo neanche diventati grandi...