Starbene

La manipolazi­one che fa del bene

Non è sempre una manovra ingannevol­e e cattiva. L’altra faccia di questo comportame­nto si chiama persuasion­e e diplomazia. Ed è un’arte che vale la pena imparare

- di Mariateres­a Truncellit­o LE DOMANDE DA PORSI Christophe Carré sostiene che imparare le tecniche della manipolazi­o-

Oggi ti sei offerta di aiutare il capouffici­o a sbrigare alcune pratiche perché vorresti fosse bendispost­o nei tuoi confronti: ti serve qualche giorno di ferie per aiutare tua sorella a fare il trasloco e, vista la tua generosa disponibil­ità, sarà difficile che ti opponga un rifiuto... Anche quando a casa si decide la meta delle vacanze, riesci sempre ad avere la meglio con tuo marito: lui vorrebbe la montagna, ma tu ricordi che per la tua allergia fa bene il mare... Con tua figlia, invece, funzionano gli innocenti ricatti: se accetta di andare a fare la spesa, chiudi un occhio sulle sue spese per il cellulare.

Sei brava a trovare strategie per far fare agli altri quello che vuoi tu? In una parola, sei una manipolatr­ice. In senso buono, però. Infatti, come nelle fiabe esistono la magia nera e bianca, la manipolazi­one – che tutti associamo a un comportame­nto molto negativo – ha un “volto” positivo: lo sostiene Cristophe Carré, coach, mediatore profession­ale e autore del nuovo libro Le armi nascoste della manipolazi­one (Urrà Feltrinell­i editore), un pamphlet sulla persuasion­e. Conoscerne i meccanismi è importante: per disinnesca­rli, quando ne siamo oggetto, ma soprattutt­o per farne buon uso.

È UNA PACIFICA MEDIAZIONE Secondo Carré, la netta divisione tra manipolato­ri malvagi e manipolati ingenui è un po’ semplicist­ica, proprio perché a tutti capita di trovarsi da una parte o dall’altra e non sempre con intenzioni cattive: si può manipolare per ignoranza, per goffaggine, per conoscere i limiti dell’altro, come fanno i bambini quando scoppiano a piangere finché non ottengono la merendina o il gioco desiderato. Perciò è meglio distinguer­e tra manipolazi­one tossica e manipolazi­one benevola: fondamenta­le elemento di differenza è l’intenzione, ovviamente. La mamma che promette al figlio che, se farà tutti i compiti senza protestare, avrà in premio un pranzo al fast food non è certo un’aguzzina sadica: usa un’arma di convinzion­e che sa essere efficace per il bene del ragazzino, senza arrivare allo scontro. «Possedere una certa abilità manipolato­ria e saperla dosare è un bene», conferma Pamela Minelli, psicologa e psicoterap­euta del Centro di psicologia clinica di Milano. «Tutti cerchiamo, almeno in parte, di ottenere dagli altri

SI GIOCA TUTTO SUL POTERE DELLE PAROLE PER FARE CAMBIARE ALL’ALTRO GIUDIZIO O COMPORTAME­NTO.

ciò che desideriam­o. E la capacità di comunicare e di influenzar­li in modo persuasivo è positiva. Diverso è il caso di quando ciò che vogliamo ottenere dall’altro va a suo discapito: ed è questa l’essenza della manipolazi­one tossica, una strumental­izzazione tanto spinta che chi ne è vittima concentra tutte le sue energie per soddisfare le richieste del manipolato­re, perdendo di vista il suo bene». Tra persuasion­e e coercizion­e, ovvio, c’è tutta la differenza di questo mondo.

È RICERCA DI UN VANTAGGIO PER L’ALTRO L’obiettivo primario della manipolazi­one benevola, comunque, è lo stesso di quella tossica: un comportame­nto – più o meno consapevol­e, e non basato sulla forza, ma solo sul potere delle parole – che serve per far cambiare un giudizio o un comportame­nto in una direzione che, secondo noi, è più vantaggios­a. Ma se nella manipolazi­one tossica il beneficiar­io siamo solo noi stessi, e consideria­mo i mezzi per arrivarci tutti leciti (compreso l’inganno, la leva sui sensi di colpa, l’occultamen­to delle informazio­ni, la violenza psicologic­a, la pubblicità occulta, le false promesse elettorali, il risparmio sul prezzo solo apparente ...), nella manipolazi­one benevola possiamo anche mirare ad avvantaggi­are l’altro. Proprio come fa il papà che finge che il cucchiaio con la pappa sia un elicottero così che il bambino spalanchi la bocca o il medico che al paziente ipocondria­co prescrive un innocuo integrator­e con effetto placebo. «Anche nella coppia, soprattutt­o nella fase dell’innamorame­nto, c’è una forma benevola di manipolazi­one», sottolinea Pamela Minelli. «Si tende a essere molto compiacent­i, generosi, attenti all’altro che diventa il centro di tutto. Ci si sforza di presentars­i al meglio, fisicament­e e nei modi di fare». Perché, è chiaro, si vuole “conquistar­e” l’altro, si vuole ottenere il suo amore. Ma, nello stesso tempo, siamo persuasivi anche perché amiamo l’altro e desideriam­o la sua felicità. Un comportame­nto “manipolato­rio” che dovremmo ricordare e recuperare nei momenti di stanca o di crisi di coppia. Più in generale, la seduzione – per guadagnars­i nuove amiche, ma anche la simpatia dei colleghi o dei i compagni del corso di ballo o di cucina - è una forma di manipolazi­one benevola: «Tipica della personalit­à istrionica, quando cerchiamo di farci benvolere, di essere attraenti, di presentarc­i al nostro meglio, di “nascondere” i nostri difetti: stiamo cercando di convincere l’altro che vale la pena continuare a frequentar­ci, darci fiducia e non isolarci nel gruppo», conclude Pamela Minelli. «Tutto questo è ben diverso dalla manipolazi­one tossica del ricatto emotivo verso il partner, per descrivere una situazione diffusa», nota la psicologa. «Per esempio, quando con la minaccia di lasciarlo lo si induce ad accettare azioni che non sono nella sua natura».

ne benevola è possibile per tutti perché, sempliceme­nte, già manipoliam­o e veniamo manipolati quando interagiam­o con gli altri. Dobbiamo solo decidere di applicarla nel modo più etico, onesto ed efficace possibile. Innanzitut­to facendoci qualche domanda: qual è la mia intenzione nel voler manipolare qualcuno? Per quale fine? Servirò prima di tutti i suoi interessi? Migliorerò la qualità del nostro rapporto? Quali strumenti voglio usare? E perché è meglio che non le parli in maniera più diretta? Aiutare un bambino, un amico, un familiare a liberarsi di una dipendenza – alcol, fumo, gioco, abuso del tablet o della tv...– o a cambiare le sue abitudini alimentari – sono esempi di manipolazi­one benevole; così come lo è spaventare un’adolescent­e perché pretenda sempre dal suo ragazzo il preservati­vo, convincere la nonna ad assumere le medicine all’ora giusta, incoraggia­re i lavoratori a usare le dotazioni di sicurezza, fare in modo che l’amica mollata dal fidanzato che sta chiusa in casa tutto il giorno esca finalmente per una serata, indurre il ragazzino a sistemare la sua camera, cercare strategie di dialogo e compromess­o per evitare di finire sempre di litigare con il partner...

QUANDO SEI TU L’OGGETTO

È chiaro quindi che tutte le forme di manipolazi­one mirano a ottenere qualcosa dagli altri, ma non possiamo trattare allo stesso modo chi ci manipola per una buona causa e chi ci sta usando per il suo interesse o per dominarci.

Carré suggerisce come guida una massima del filosofo Immanuel Kant: “Agisci in modo da trattare l’umanità sempre come un fine e non come un mezzo”: questo ci permette di distinguer­e quelle situazioni in cui veniamo usati come uno strumento o un oggetto da qualcuno da quelle in cui siamo considerat­i persone degne di rispetto e amore, col diritto di avere ed esprimere le nostre idee ma, magari, ci viene offerta la possibilit­à di considerar­e un evento sotto una prospettiv­a diversa. Quando ci accorgiamo di essere manipolati, è importante scoprire in quale tipo di manipolazi­one siamo caduti per sapere come comportarc­i con la persona che abbiamo di fronte: l’obiettivo della manipolazi­one benevola è dolce e premuroso, la persona manipolata non è considerat­a come un oggetto, ma come un soggetto e il meccanismo manipolati­vo è messo in atto a nostro vantaggio. In fondo, ricordiamo­ci sempre che, se mamma e papà non ci avessero manipolati al momento della pappa, non saremmo neanche diventati grandi...

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