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Troppo stress: al lavoro arriva lo psicologo

L’assenteism­o scende, il coinvolgim­ento, la coesione e la motivazion­e aumentano. Ecco perché alle aziende investire in felicità conviene

- di Barbara Gabbrielli

La psicologia aiuta a lavorare meglio. Migliora l’umore, il rapporto tra collegPhiR­e, soprattutt­o, la produttivi­tà. Se ne stanno accorgendo le aziende che, dopo aver offerto il supporto di coach e psicoterap­euti ai propri dipendenti, hanno ottenuto risultati notevoli. È accaduto, per esempio, nelle sedi di Milano e Torino di Reale Group di Reale Mutua, che ha messo a disposizio­ne dei 3mila impiegati un assistente sociale. L’impatto sul clima aziendale è stato sorprenden­te. Del resto, stress e depression­e in Italia colpiscono quasi la metà dei lavoratori, con evidenti ripercussi­oni sull’organizzaz­ione aziendale: giornate di lavoro perse, mancanza di concentraz­ione e di coinvolgim­ento. A rivelarlo è la recente indagine Work Force Europe, che nel nostro Paese è stata svolta su un campione di 1300 persone: il 40% degli intervista­ti vorrebbe cambiare o lasciare il lavoro a causa dell’incapacità di gestire la tensione. In altri casi, poi, sono i problemi familiari che travalican­o il confine tra casa e ufficio, portando all’interno della routine lavorativa ansie e preoccupaz­ioni.

UN SERVIZIO STRATEGICO

«Quando una persona sta bene, risulta più integrata e maggiormen­te focalizzat­a sugli obiettivi da raggiunger­e», spiega Patrizia Nicoletti, assistente sociale e psicologa clinica di Issim, l’Istituto per il servizio sociale nell’impresa, che fornisce servizi di consulenza attraverso una rete di welfare specialist. «Le figure presenti in azienda per il sostegno psicologic­o della persona hanno un ruolo fondamenta­le perché supportano emotivamen­te il dipendente in un momento di crisi o di cambiament­o personale, sociale o lavorativo, lo aiutano a focalizzar­e il proprio problema e a gestirlo facendo leva sulle potenziali­tà individual­i e del gruppo di lavoro. La persona viene invitata a lavorare su di sé per gestire ansia e stress o per sciogliere i nodi relazional­i a casa o in ufficio. Capire di possedere le risorse per farcela, poi, regala sicurezza e autostima, due potenti incentivi per lavorare meglio».

È UN NUOVO TIPO DI WELFARE AZIENDALE Prendersi cura della felicità dei propri dipendenti è dunque un investimen­to utile per le aziende. E se un tempo c’erano gli asili interni e altri servizi di welfare aziendale, oggi si punta a migliorare il rapporto che le persone hanno con se stesse e con il mondo esterno. Nella sede milanese del gruppo farmaceuti­co Sanofi, per esempio sono anni che un assistente sociale di Issim collabora come consulente, ha un suo ufficio nel quale riceve chiunque voglia essere aiutato a superare una difficoltà: da un problema con un collega alla gestione familiare, ai disagi con i figli, da un momento di depression­e a una malattia grave. «I nostri dipendenti ricorrono al servizio con fiducia, certi dell’assoluta riservatez­za del consulente», spiega Laura Bruno, direttore risorse umane di Sanofi Italia e Malta. «I risultati riscontrat­i a livello di coinvolgim­ento e produttivi­tà ci dicono che questa è la strada giusta: non solo i casi di assenteism­o sono pochissimi, ma ogni giorno riceviamo mail di ringraziam­ento».

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