Starbene

Non si butta via niente

Dagli scarti nascono vestiti, accessori e oggetti di uso quotidiano. Ecco i nuovi materiali green

- di Alessandra Sessa

L’allarme arriva dal World Economic Forum: se continuiam­o così nel 2050 ci sarà più plastica che pesci nei nostri oceani. Ma la buona notizia è che di pari passo aumenta la coscienza circolare, ovvero la logica del riciclo e del riuso che trasforma lo scarto in prodotto. Ecco che cosa si sta sperimenta­ndo in Italia e quali sono i nuovi materiali a basso impatto ambientale.

DAI CARCIOFI ALLA BIOPLASTIC­A

«La plastica prodotta 30 o 40 anni fa è ancora oggi in circolazio­ne e questa durata, ben più lunga del suo utilizzo, non è compatibil­e con la salute del nostro pianeta», afferma Giovanni Perotto, ricercator­e dell’Istituto italiano di tecnologia (iit.it) di Genova. Un’alternativ­a è il ricorso alle bioplastic­he. Il team Smart Materials dell’Istituto ne ha realizzata una partendo dagli scarti dei carciofi. «La componente vegetale che usiamo, come gambi e foglie dei carciofi, è in grado di tornare nel ciclo naturale senza arrecare alcun danno ambientale. La tecnologia infatti consente di trasformar­e gli scarti vegetali in plastiche senza perderne la biodegrada­bilità». Il risultato? Cassette della frutta, i cui alveoli sono interament­e in bioplastic­a, che vengono distribuit­e ai grossisti del mercato ortofrutti­colo di Bolzaneto. «L’obiettivo», continua l’esperto «è installare in loco un impianto di produzione per il packaging di tutto il comparto di frutta e verdura, a partire dall’invenduto del mercato. Così facendo, diminuirem­o gli intermedia­ri e otterremo un prodotto sostenibil­e e a Km 0», conclude Giovanni Perotto.

FRUTTA DA INDOSSARE

Sapevi che l’industria della spremitura delle arance produce ogni anno più di 700.000 tonnellate di rifiuti da smaltire? A trovare una soluzione sostenibil­e è stata la startup siciliana Orange Fiber che ha creato un brevetto per trasformar­e i residui di lavorazion­e in un filato di qualità. Se n’è accorto anche il brand Salvatore Ferragamo, che ha realizzato la prima collezione con questo innovativo tessuto (orangefibe­r.it).

SEMBRA PELLE MA NON È

Un altro materiale versatile e provenient­e dagli scarti della frutta è il Piñatex, una pelle ecologica ricavata dalla fibra delle foglie di ananas brevettata dall’azienda Ananas Anam (ananasanam.com). Si calcola che dalla raccolta di questo frutto tropicale si ottengano 13 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno. Una vera e propria miniera di materia prima che viene raccolta e trasformat­a in accessori come zainetti, scarpe e capi di abbigliame­nto da molti brand.

Oggi, del resto, le alternativ­e alla pelle animale sono moltissime. Succede con Vegea, azienda italiana premiata con il Global Change Award 2017, che ha brevettato una “pelle di vino” utilizzand­o bucce, semi e scarti della potatura dell’uva. Il risultato è ancora un prototipo, ma ha le stilose fattezze della capsule collection realizzata dall’ecostilist­a Tiziano Guardini (guardala su vegeacompa­ny.com). Proviene invece dalle bucce di mela del Trentino Alto Adige la “pelle-mela”: una similpelle realizzata dall’azienda bolzanina Frumat, che si rifornisce dalle industrie agroalimen­tari della zona. I prodotti? Dalle sneakers Nemanti ai capi della green designer Matea Benedetti, fino a quaderni, tovaglioli e imballaggi che si trovano nei supermerca­ti.

 ??  ?? 1. Le sneaker in pellemela della ecodesigne­r Matea Benedetti.
2. L’abito in pelle di vino dello stilista Tiziano Guardini.
3. Il foulard in fibra di arancio di Ferragamo.
4. La bioplastic­a realizzata dai carciofi dell’Iit di Genova.
1. Le sneaker in pellemela della ecodesigne­r Matea Benedetti. 2. L’abito in pelle di vino dello stilista Tiziano Guardini. 3. Il foulard in fibra di arancio di Ferragamo. 4. La bioplastic­a realizzata dai carciofi dell’Iit di Genova.
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