Non si butta via niente
Dagli scarti nascono vestiti, accessori e oggetti di uso quotidiano. Ecco i nuovi materiali green
L’allarme arriva dal World Economic Forum: se continuiamo così nel 2050 ci sarà più plastica che pesci nei nostri oceani. Ma la buona notizia è che di pari passo aumenta la coscienza circolare, ovvero la logica del riciclo e del riuso che trasforma lo scarto in prodotto. Ecco che cosa si sta sperimentando in Italia e quali sono i nuovi materiali a basso impatto ambientale.
DAI CARCIOFI ALLA BIOPLASTICA
«La plastica prodotta 30 o 40 anni fa è ancora oggi in circolazione e questa durata, ben più lunga del suo utilizzo, non è compatibile con la salute del nostro pianeta», afferma Giovanni Perotto, ricercatore dell’Istituto italiano di tecnologia (iit.it) di Genova. Un’alternativa è il ricorso alle bioplastiche. Il team Smart Materials dell’Istituto ne ha realizzata una partendo dagli scarti dei carciofi. «La componente vegetale che usiamo, come gambi e foglie dei carciofi, è in grado di tornare nel ciclo naturale senza arrecare alcun danno ambientale. La tecnologia infatti consente di trasformare gli scarti vegetali in plastiche senza perderne la biodegradabilità». Il risultato? Cassette della frutta, i cui alveoli sono interamente in bioplastica, che vengono distribuite ai grossisti del mercato ortofrutticolo di Bolzaneto. «L’obiettivo», continua l’esperto «è installare in loco un impianto di produzione per il packaging di tutto il comparto di frutta e verdura, a partire dall’invenduto del mercato. Così facendo, diminuiremo gli intermediari e otterremo un prodotto sostenibile e a Km 0», conclude Giovanni Perotto.
FRUTTA DA INDOSSARE
Sapevi che l’industria della spremitura delle arance produce ogni anno più di 700.000 tonnellate di rifiuti da smaltire? A trovare una soluzione sostenibile è stata la startup siciliana Orange Fiber che ha creato un brevetto per trasformare i residui di lavorazione in un filato di qualità. Se n’è accorto anche il brand Salvatore Ferragamo, che ha realizzato la prima collezione con questo innovativo tessuto (orangefiber.it).
SEMBRA PELLE MA NON È
Un altro materiale versatile e proveniente dagli scarti della frutta è il Piñatex, una pelle ecologica ricavata dalla fibra delle foglie di ananas brevettata dall’azienda Ananas Anam (ananasanam.com). Si calcola che dalla raccolta di questo frutto tropicale si ottengano 13 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno. Una vera e propria miniera di materia prima che viene raccolta e trasformata in accessori come zainetti, scarpe e capi di abbigliamento da molti brand.
Oggi, del resto, le alternative alla pelle animale sono moltissime. Succede con Vegea, azienda italiana premiata con il Global Change Award 2017, che ha brevettato una “pelle di vino” utilizzando bucce, semi e scarti della potatura dell’uva. Il risultato è ancora un prototipo, ma ha le stilose fattezze della capsule collection realizzata dall’ecostilista Tiziano Guardini (guardala su vegeacompany.com). Proviene invece dalle bucce di mela del Trentino Alto Adige la “pelle-mela”: una similpelle realizzata dall’azienda bolzanina Frumat, che si rifornisce dalle industrie agroalimentari della zona. I prodotti? Dalle sneakers Nemanti ai capi della green designer Matea Benedetti, fino a quaderni, tovaglioli e imballaggi che si trovano nei supermercati.