La dieta che rimette in riga la tiroide
Il menu va costruito su misura. In base al problema da risolvere. E alle tue caratteristiche fisiche e psicologiche. Come spiega un libro appena uscito
Sono circa 6 milioni gli italiani, soprattutti donne, che hanno problemi di tiroide. Ma i numeri potrebbero essere molto più alti. Molte persone non sanno che stanchezza, sovrappeso, battito accelerato e altro ancora potrebbero dipendere dal cattivo funzionamento di questa ghiandola endocrina situata nel collo. Chi ha uno o più di questi disturbi è meglio che ne parli al proprio medico: sarà lui a consigliare gli esami giusti (spesso basta un semplice prelievo del sangue) per capire se a scatenare i sintomi è, per esempio, un ipo o un ipertiroidismo. «Quanto alle cure, l’alimentazione può fare miracoli», assicura la dottoressa Serena Missori, endocrinologa e nutrizionista a Roma, che sa benissimo, per esperienza personale, cosa significhi convivere con una tiroide “mal funzionante” e come sia difficile rimetterla in riga puntando esclusivamente sui farmaci. Insieme ad Alessandro Gelli, ricercatore scientifico che da anni usa i cibi come terapia, ha scritto La dieta della tiroide (vedi box nelle pagine successive). I due esperti suggeriscono un piano articolato, fatto di menu mirati (oltre che di uso di integratori e tecniche di gestione dello stress) per curare una ghiandola che funziona poco, troppo o che è infiammata. Con l’aiuto della dottoressa Missori facciamo il punto sulla nutrizione, che va personalizzata pensando sia al disturbo da tenere sotto controllo, sia alle caratteristiche fisiche e psicologiche di ciascuno di noi. «L’obiettivo è favorire il riequilibrio dei meccanismi biochimici e fisiologici alterati, in modo da permettere al corpo di “ripararsi” da solo, per quanto possibile», afferma Serena Missori. In che modo? «Portando in tavola gli alimenti che contengono i micronutrienti indispensabili per la sintesi (o la trasformazione) ottimale degli ormoni tiroidei, come la tirosina (un aminoacido), lo iodio, il selenio, lo zinco, la vitamina A, il ferro. Senza dimenticare quelli ricchi di vitamine D e del gruppo B, che servono per regolare il metabolismo, e di grassi sani, che spengono l’infiammazione dell’organismo, una delle cause principali del cattivo funzionamento tiroideo», dice l’esperta.
I CIBI SÌ
Tra gli alimenti da prediligere ci sono i cereali senza glutine (riso, miglio, sorgo, teff...), gli pseudo-cereali (grano saraceno, quinoa, amaranto), i tuberi e le radici tuberose (batate, ravanelli, sedano rapa, barbabietola rossa), uova e carne biologiche (agnello, maiale, pollo, manzo, tacchino), affettati senza l’aggiunta di nitrati, nitriti, lattosio e
A TAVOLA DEVI EVITARE I CIBI CHE FAVORISCONO L’INFIAMMAZIONE. COME FRUMENTO, KAMUT, SOIA, LATTE, YOGURT E FORMAGGI.
proteine del latte. Si può mangiare il pesce fresco o surgelato escludendo sempre lo spada (che potrebbe essere contaminato dal mercurio) e la tilapia e il pangasio (perché sopravvivono anche nelle acque molto inquinate e sono poveri di grassi buoni Omega 3) e limitandosi, in caso di ipertiroidismo, a non più di 2 porzioni alla settimana di pesce di mare, molluschi e alghe. Tutte le spezie e le erbe aromatiche (origano, timo, semi di finocchio, salvia, rosmarino) possono essere usate sempre. Verdure, ortaggi e frutta vanno scelti tra quelli di stagione e a chilometro zero. Ok ad asparagi, finocchi, lattuga, spinaci e a tutti i tipi di cavolo, purché cotti. Sì poi ad albicocche, banane, fragole, kiwi, pompelmo, mirtilli, nespole, pere, pesche, sempre preferibilmente biologici: «Non contengono residui di pesticidi e fitofarmaci, che sono dannosi per la salute in generale e per la tiroide in particolare. Alcuni (definiti per questo interferenti endocrini) possono infatti alterarne il funzionamento», spiega la dottoressa Serena Missori. «Nel caso in cui non si acquistino prodotti bio, per rimuovere le sostanze chimiche e le cere eventualmente presenti consiglio di utilizzare sapone di Marsiglia e bicarbonato di sodio».
I CIBI NO
«Durante la “terapia”, che deve durare almeno 4 settimane, vanno evitati tutti gli alimenti che favoriscono l’infiammazione», afferma l’endocrinologa e nutrizionista. «Per primi quelli che contengono il glutine: frumento, segale, orzo, kamut, farro, spelta, triticale, monococco e tutti i prodotti “derivati”, come pasta, pane, pizza, cracker, biscotti (la presenza di questa proteina è sempre segnalata in grassetto nella lista degli ingredienti). Va poi escluso il latte di origine animale. Occhio quindi a burro, yogurt, formaggi, gelati, dolci (anche in questo caso è fondamentale controllare con attenzione le informazioni riportate sull’etichetta dei prodotti confezionati). Il motivo di queste esclusioni? «Secondo diversi studi la caseina, così come il glutine, è responsabile del “mimetismo molecolare”: un meccanismo che spinge gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario ad attaccare non i nemici esterni ma i propri organi, compresa la tiroide», chiarisce l’esperta. Tra gli alimenti da limitare ci sono i vegetali (pomodoro, melanzane, peperoni, peperoncino fresco) appartenenti alla famiglia delle solanacee. «Sono ricche di saponine, sostanze che possono contribuire a sviluppare la permeabilità intestinale (malattia autoimmune) e ad alterare l’equilibrio della flora batterica intestinale che, stando a ricerche recenti, è responsabile dei problemi della tiroide», afferma l’esperta. Vanno infine ridotti i legumi e gli altri “ingredienti” che possono irritare l’intestino. «Tutti i cibi citati possono essere reintrodotti gradualmente, uno alla volta, al termine della quarta settimana di dieta», rassicura la dottoressa Missori. Ma adesso gira pagina e scopri, nel dettaglio, come organizzare il menu giusto per te.